Si torna indietro di due secoli con Il Conte Policronio,
ovvero le bugie hanno le gambe corte, l’operina, o meglio la farsa in prosa, di
Giuseppe Moneta che debuttò a Firenze il 18 settembre 1791 per rallegrare il Granduca
Ferdinando III di Asburgo - Lorena e i suoi nobili ospiti.
L’opera, di cui si erano perse le tracce, viene riproposta
per la prima volta giovedì 6 dicembre 2007 e in replica sabato 8 e domenica 9
dicembre 2007 alle 21 al Teatro della Villa Medicea di
Poggio a Caiano, un delizioso teatrino della fine del 600 che, dopo tanto
tempo torna a ospitare spettacoli.
L’operazione è frutto di una scommessa riuscita e
dell’impegno congiunto dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Poggio a Caiano,
della Soprintendenza al Polo
Museale Fiorentino e del Teatro
del Maggio Musicale Fiorentino.
Il libretto di Giuseppe Moneta fu infatti ritrovato anni fa
per caso in un mercatino di collezionisti, ulteriori ricerche (nella Biblioteca
del Conservatorio Cherubini a
Firenze) hanno reso a possibile anche il ritrovamento dello spartito
originale. Il resto è stato realizzato grazie all’entusiasmo mostrato da tutti
quelli che hanno collaborato al progetto. Il risultato è la rinascita
dell’opera del compositore alla corte dei Lorena, che in questa nuova versione
viene diretta da Riccardo
Cirri con i musicisti dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino; la
regia e le scene sono firmate da Franco Venturi e i costumi da Francesca Pipi.
Ad interpretare l’opera saranno Alessandro Luongo (Il Conte Policronio), Elena
Cecchi e Gabriella Cecchi (Giulia), Anicio Zorzi Giustiniani (Silvio), Elena
Bartolozzi (La
Contessa Feliciana), Alessandro Calamai (Il Marchese
Pillone), Simona Bottari (Donna Porzia) e Niccolò Ayroldi (Stoppino). L’opera
sarà replicata sabato 8 e domenica 9 dicembre alle 21. La prima di giovedì 6
dicembre sarà preceduta da una conferenza, ore 17.00, sul Conte Policronio e la
figura del compositore Giuseppe Moneta, tenuta da Maria Luisa Pepi, Marcello De
Angelis e Giovanni Vitali.
Ma torniamo alle scoperte intorno al Conte Policronio, che,
a quanto pare, è un’opera ispirata alle vicende del Conte di Cagliostro.
La storia narra le gesta del Conte Policronio, un misterioso
benefattore dell’umanità che vanta un’età di poco meno di seimila anni. In
realtà è un uomo che, grazie ai filtri e alle formule magiche, ha fatto
dell’impostura un lavoro molto redditizio. Al suo fianco nelle furfantesche
peregrinazioni c’è la moglie Feliciana, che saggiamente vuole ritirarsi
dall’attività, e un assistente-iniziato detto Stoppino. La storia si svolge tra
esilaranti colpi di scena con Policronio che tenta di truffare dei clienti e
sedurre la giovane Giulia: una volta smascherato il ciarlatano, tutti si
ritrovano a cantare la morale: “l’impostura fin che dura è un gradito
capitale”.
Una tipica farsa dall’intreccio sentimentale, che 200 fa ebbe
un grande successo a corte grazie anche ai continui e ripetuti riferimenti alla
Massoneria, attraverso la pungente ironia sui riti e sui simboli di questa
associazione avversata dai Lorena.
Il successo della parodia musicale del Policronio ne rivela
la sorprendente caratteristica di istant opera, cioè di un lavoro creato
all’istante per raccontare la condanna al carcere a vita (il 3 maggio 1791, a Roma) di Giuseppe
Balsamo, il Conte Cagliostro, leggendario personaggio, taumaturgo e impostore. Una
sorta di cronaca musicale sull’editto espresso dal Sant’Uffizio contro il
fondatore della Massoneria
di Rito Egizio. Policronio è dunque Cagliostro come dimostrano le numerose
analogie tra la farsa e il libretto su il “caso Cagliostro” che Giuseppe
Barbieri, zelante segretario del processo, prepara e fa distribuire prima della
sentenza. La conferma definitiva arriva dalla battuta rivolta al pubblico:
“Diceva bene Morand, che era un impostore”. Morand altri non è che Théveneau de
Morande, direttore del Courrier de l’Europe, giornalista senza scrupoli che a
partire dal 1786 aveva scritto una serie di articoli diffamatori contro
Cagliostro.
Voto
8