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  18/04/2024 - 23:37

 

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Il Conte Policronio
di Giuseppe Moneta
La farsa in prosa va in scena per la prima volta dopo due secoli grazie alla collaborazione fra il Comune di Poggio a Caiano, la Soprintendenza al Polo Museale Fiorentino e il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. I musicisti dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino sono diretti da Riccardo Cirri, la regia e le scene sono firmate da Franco Venturi e i costumi da Francesca Pipi
Al Teatro della Villa Medicea di Poggio a Caiano il 6, 8 e 9 dicembre 2007 alle 21

 




                     di Giovanni Ballerini


Si torna indietro di due secoli con Il Conte Policronio, ovvero le bugie hanno le gambe corte, l’operina, o meglio la farsa in prosa, di Giuseppe Moneta che debuttò a Firenze il 18 settembre 1791 per rallegrare il Granduca Ferdinando III di Asburgo - Lorena e i suoi nobili ospiti.

L’opera, di cui si erano perse le tracce, viene riproposta per la prima volta giovedì 6 dicembre 2007 e in replica sabato 8 e domenica 9 dicembre 2007 alle 21 al Teatro della Villa Medicea di Poggio a Caiano, un delizioso teatrino della fine del 600 che, dopo tanto tempo torna a ospitare spettacoli.

L’operazione è frutto di una scommessa riuscita e dell’impegno congiunto dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Poggio a Caiano, della Soprintendenza al Polo Museale Fiorentino e del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.

Il libretto di Giuseppe Moneta fu infatti ritrovato anni fa per caso in un mercatino di collezionisti, ulteriori ricerche (nella Biblioteca del Conservatorio Cherubini a Firenze) hanno reso a possibile anche il ritrovamento dello spartito originale. Il resto è stato realizzato grazie all’entusiasmo mostrato da tutti quelli che hanno collaborato al progetto. Il risultato è la rinascita dell’opera del compositore alla corte dei Lorena, che in questa nuova versione viene diretta da Riccardo Cirri con i musicisti dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino; la regia e le scene sono firmate da Franco Venturi e i costumi da Francesca Pipi. Ad interpretare l’opera saranno Alessandro Luongo (Il Conte Policronio), Elena Cecchi e Gabriella Cecchi (Giulia), Anicio Zorzi Giustiniani (Silvio), Elena Bartolozzi (La Contessa Feliciana), Alessandro Calamai (Il Marchese Pillone), Simona Bottari (Donna Porzia) e Niccolò Ayroldi (Stoppino). L’opera sarà replicata sabato 8 e domenica 9 dicembre alle 21. La prima di giovedì 6 dicembre sarà preceduta da una conferenza, ore 17.00, sul Conte Policronio e la figura del compositore Giuseppe Moneta, tenuta da Maria Luisa Pepi, Marcello De Angelis e Giovanni Vitali.

Ma torniamo alle scoperte intorno al Conte Policronio, che, a quanto pare, è un’opera ispirata alle vicende del Conte di Cagliostro.

La storia narra le gesta del Conte Policronio, un misterioso benefattore dell’umanità che vanta un’età di poco meno di seimila anni. In realtà è un uomo che, grazie ai filtri e alle formule magiche, ha fatto dell’impostura un lavoro molto redditizio. Al suo fianco nelle furfantesche peregrinazioni c’è la moglie Feliciana, che saggiamente vuole ritirarsi dall’attività, e un assistente-iniziato detto Stoppino. La storia si svolge tra esilaranti colpi di scena con Policronio che tenta di truffare dei clienti e sedurre la giovane Giulia: una volta smascherato il ciarlatano, tutti si ritrovano a cantare la morale: “l’impostura fin che dura è un gradito capitale”.

Una tipica farsa dall’intreccio sentimentale, che 200 fa ebbe un grande successo a corte grazie anche ai continui e ripetuti riferimenti alla Massoneria, attraverso la pungente ironia sui riti e sui simboli di questa associazione avversata dai Lorena.

Il successo della parodia musicale del Policronio ne rivela la sorprendente caratteristica di istant opera, cioè di un lavoro creato all’istante per raccontare la condanna al carcere a vita (il 3 maggio 1791, a Roma) di Giuseppe Balsamo, il Conte Cagliostro, leggendario personaggio, taumaturgo e impostore. Una sorta di cronaca musicale sull’editto espresso dal Sant’Uffizio contro il fondatore della Massoneria di Rito Egizio. Policronio è dunque Cagliostro come dimostrano le numerose analogie tra la farsa e il libretto su il “caso Cagliostro” che Giuseppe Barbieri, zelante segretario del processo, prepara e fa distribuire prima della sentenza. La conferma definitiva arriva dalla battuta rivolta al pubblico: “Diceva bene Morand, che era un impostore”. Morand altri non è che Théveneau de Morande, direttore del Courrier de l’Europe, giornalista senza scrupoli che a partire dal 1786 aveva scritto una serie di articoli diffamatori contro Cagliostro.

Voto 8 

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