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  19/03/2024 - 12:23

 

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Marco Paolini
Stazioni di Transito album di storie
Di e con Marco Paolini, musiche composte ed eseguite da Francesco Sansalone produzione JOLEFILM
Martedì 5 agosto 2003, Arezzo, Stazione ferroviaria (Scalo Merci)

 




                     di Ilaria Gandolfi


Storie brevi per imparare a raccontare storie. La quinta tappa degli “Album” che hanno accompagnato Marco Paolini dall’infanzia (attraverso le avventure del piccolo Nicola, al rugby, alla politica, alle stragi degli anni Settanta, fino alla scoperta dei due veri grandi amori: il teatro ed i treni) viene ripresa anche in questa estate 2003, proponendo sorrisi amari e amarcord, come sempre per non dimenticare. Ma in cosa Stazioni di Transito, il lavoro che Marco Paolini ha portato in scena martedì 5 agosto 2003 allo Scalo Merci della Stazione di Arezzo? Per descriverlo è necessario cercare tutte le sfumature di due aggettivi di norma antitetici: il pubblico delle rappresentazioni si è infatti trovato di fronte a uno spettacolo insieme semplice e complicato. Semplice innanzitutto nella scenografia: scarna, essenziale, misurata; il palco, trasformato in angolo di una qualche periferia italiana; un tavolo, un quaderno di appunti un quaderno di appunti e, sullo sfondo, una stampa ingiallita su cui s'intrecciano, allettanti, binari vuoti (quasi ci si aspetterebbe che da un momento all'altro inizino a scorrere, insieme alla musica dei violini e delle fisarmoniche, portando lontano). Sobrio è il modo di porsi dell'autore - attore, che si siede e guarda in faccia il pubblico, cominciando a raccontare. Spettacolo semplice perché, si potrebbe dire, parla al cuore Paolini ricorda facce, atmosfere e paesaggi quasi concreti, che ci sembra di aver incontrato o che avremmo potuto incontrare; tratteggia il testo con la leggerezza e la vivezza di un pittore esperto, non solo interpretandolo, ma divenendone parte e personaggio. E qui, in maniera complementare a ciò che ho detto, Stazioni di transito si rivela difficile, nel senso di ritmicamente complesso: cioè costruito ad arte alternando con sensibilità musicale l'ironia e il disincanto, la comicità, il dolore e l'ingenuità, la tenerezza e l'amarezza venata di rabbia. Si instaura un attento gioco di riflessi e sovrapposizioni tra i personaggi che nascono nella voce, nella faccia di Paolini: l'attore diventa Nicola (il personaggio al centro di tutto il ciclo degli Album di cui <I>Stazioni di transito</I> rappresenta l'ultimo anello), che ci racconta la storia con Norma, e nel farlo diventa Norma stessa; ritorna Nicola che ci parla di Nano sepolto nella terra del terremoto di Friuli del '76; diventa Nano, diventa i suoi soccorritori e nelle loro parole diventa Teresa, la giovane professoressa che per amore parte per una 'comune' nella campagna toscana…e ogni storia ha il suo ritmo, incastonata perfettamente in quella che la contiene, come in una partitura musicale. Paolini riscopre e fa riscoprire l'arte della narrazione: mezzo antico con cui il teatro acquista nuova freschezza, nuova e credibile spontaneità liberandosi dall'odore di stantio (nelle stesse parole dell'autore*) dell'edificio in cui da troppo si è arroccato, rinchiuso e imprigionato (importantissima per questo la sua esperienza con il teatro di strada). Ancora: questo tipo di teatro non è pacifico, non è comodo o rassicurante come le macchiette cui ci ha abituato la televisione. A renderlo difficile, problematico, c'è la storia: gli anni settanta, con le bombe e le stragi, con gli errori e le illusioni. Ed è provocante, se lo si considera dal punto di vista delle ultime generazioni, ammalate come sono di poca memoria storica: suona come un invito ad informarsi, a ricostruire pazientemente il come e il perché di ciò; che è stato sbagliato. Il racconto del passato non è pretesto per un amarcord generazionale, ma sguardo dignitoso e artistico su quanto, in esso, potrebbe e dovrebbe risultare ancora rilevante (si pensi al Racconto del Vajont che ha fatto conoscere Paolini al teleschermo). Qui si mette in luce quanto l'arte possa essere infinitamente più paziente dei nuovi media nel restituire al pubblico l'emozione del passato, nel renderci consapevoli che siamo ancora vivi, sì, ma abbiamo pagato e troppo spesso con il prezzo della memoria.

Voto 8 

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