Per quanti di voi il primo pensiero, dicendo Ustica, è: mare cristallino, vacanze, una Riserva Naturale Marina, stradine assolate e una suggestiva chiesa nella piazza principale?
Eppure Ustica è anche questo. È anche vita. Benchè il suo nome, da vent'anni, crei inevitabilmente assonanza con la morte.
Molti di noi sanno che vicino a Ustica, il 27 giugno 1980, accadde qualcosa.
Qualcosa di tragico, che costò la vita a 81 persone.
Il volo DC9 Itavia I-TIGI, partito da Bologna, con destinazione Palermo, spezzò improvvisamente il suo volo nel mare vicino Ustica.
Si parlò di avaria, missili, bombe.
Si parlò di azione militare. Si parlò troppo, ad ogni anniversario. E troppo poco, in ogni caso. Tant'è che a 20 anni di distanza, ancora, la verità vera non è saltata fuori.
Questa sera, su Rai 2, alle ore 21 e 50, Marco Paolini, poliedrico attore veneto, prova a raccontarci quel che accadde. Prova addirittura a farcelo vivere, come se tutto succedesse intorno a noi, dentro di noi, in diretta.
Come già con 'Il racconto del Vajont', scritto in collaborazione con Gabriele Vacis, Paolini porta una tragedia storica nelle nostre case, senza paroloni, senza patetismi, perfino con qualche nota ironica che, inevitabilmente, è intinta dell'amarezza di tutti noi. Per quei silenzi. Per quelle verità sommerse dalle onde, ovattate dal respiro soffocante del mare.
Marco Paolini non ha scoop. Non ci darà verità scottanti su quel che accadde, ma forse ci aiuterà a fare chiarezza su come vanno a finire, certe cose, nel nostro Paese. Sul perchè e sul come si nascondono fatti che tutti noi avremmo diritto di conoscere. Che alcuni di noi avrebbero il dovere di farci sapere.
Il 28 settembre inizierà il processo per la strage di Ustica. L'inchiesta del giudice Priore accusa nove persone per aver depistato le indagini, cancellato gli indizi, mentito.
In questa 'ballata in forma di teatro', scritta in coppia con Daniele Del Giudice, ancora una volta Paolini dimostra come la televisione può portare il teatro nelle case della gente comune. E fargli parlare la nostra lingua, fargli dire i nostri sentimenti, tutti, anche quelli che alle volte ci fanno dimenticare di certe cose che però, nonostante il fluire della risacca, nonostante il turbinare lento della sabbia, che anno dopo anno le ricopre, restano sempre lì e prima o poi qualcosa che le porta in superficie la trovi. Per fortuna.
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