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  20/04/2024 - 17:18

 

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Ennio Marchetto
A qualcuno piace carta
Uno spettacolo senza confini, per un pubblico assolutamente eterogeneo dai 7 ai 70 anni. Di Ennio Marchetto e Sosthen Hennekam
Il 25 e 26 gennaio 2008 al Teatro Puccini di Firenze

 




                     di Tommaso Chimenti


Ennio Marchetto, A qualcuno piace carta, 2008
Ennio Marchetto, Cartonissima, 2000


Parafrasando la celebre pellicola di Billy Wilder (“A qualcuno piace caldo” con Marilyn Monroe, Jack Lemmon e Tony Curtis) Ennio Marchetto porta sul palco le sue creature di carta alla quali dona il corpo e che, alla fine, applaude. L’attore-ballerino è un tramite, quasi fosse una seduta spiritica collettiva, per far affiorare sulla scena i personaggi più disparati in un mega concerto divertente e travolgente. E così come poteva mancare proprio Marilyn nella sua iconografia classica platinata con il vestito bianco sbarazzino e svolazzante, con coriandoli a volteggiare dall’alto fino a terra come la piuma di Forrest Gump. Ma la carta, simbolo di caducità e di leggerezza, di sbiadito e di distruttibile, qui prende forma, diventa e diviene, si materializza in stardust, in polvere di stelle, in ologrammi ripescati in fondo nel cassetto segreto e privato delle emozioni, di canzoni perdute, di attimi scintillanti, di momenti furtivi come la lingua di Marchetto che esce come Mick Jagger o che batte (dove il dente duole) dentro la guancia provocando un “ascesso” interno alquanto sensuale ed erotico. Parte la musica e via dietro il battimano a ritmo: la Gioconda, che chiuderà lo show in versione figlia dei fiori, diventa Eminem che a sua volta si trasforma in Gloria Gaynor che intona il suo “I will survive”. In sala si canta e si balla sulle poltroncine. Si materializzano poi anche Raffaella Carrà con baschetto biondo e Tina Turner nel suo atteggiamento scimmiesco, Louis Armstrong e Kilie Minogue. Un’odalisca diventa una suora, Biancaneve con un piccolo gesto è Renato Zero che canta “La favola mia” alludendo ai sette nani. Il processo di trasformazione è immediato come Clark Kent in Superman, come Spideman, come Hulk. Ed allora ecco salire sul palcoscenico anche Britney Spears e Elton John con i suoi mille occhiali, la bellissima matrioska, una Whitney Houston cocainomane, Patty Pravo e la “Bambola” in un amen in Ape Maia “gialla nera, nera gialla e tanto gaia”. Wonderwoman e Madonna, la Regina d’Inghilterra compostissima in un lampo è Freddy Mercury, la vera Queen, con i denti in fuori, Mina giunonica, Miriam Makeeba che si tramuta in giraffa. Meraviglia e stupore, sorrisi e divertimento allo stato puro. Van Gogh che intona “I’m crazy” tagliandosi anche un orecchio (Stefano Massini inorridirà), La Piaf nana e storpia come gobbo di Notre Dame, la Venere di Botticelli, sulle “Quattro stagioni” di Vivaldi, che in realtà è più un David di Michelangelo quando scopre le nudità, sul sottofondo di “Non sono una signora” della Bertè, e mostrando l’arnese. Ecco il Titanic, Dalla ed il lupo, Cremonini e la Vespa 50, il Faraone poi mummia ed infine Cher, Vasco avvinazzato, la Venere di Milo che balla il sirtaki, un gospel a più voci che diventa Elvis fino alla Statua della Libertà. Per Marchetto sicuramente non valgono i versi della canzone di Renato Zero “niente trucchi per me, che non sia il gioco di un’ora”.

Voto 8 

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