Ennio Marchetto, A qualcuno piace carta, 2008
Ennio Marchetto, Cartonissima, 2000
Parafrasando la celebre pellicola di Billy Wilder (“A qualcuno piace caldo” con
Marilyn Monroe,
Jack Lemmon e
Tony Curtis)
Ennio
Marchetto porta sul palco le sue
creature di carta alla quali dona il corpo e che, alla
fine, applaude. L’attore-ballerino è un tramite, quasi fosse
una seduta spiritica collettiva, per far affiorare sulla scena i personaggi più
disparati in un mega concerto divertente e travolgente. E
così come poteva mancare proprio Marilyn nella sua
iconografia classica platinata con il vestito bianco sbarazzino e svolazzante,
con coriandoli a volteggiare dall’alto fino a terra come la piuma di Forrest
Gump. Ma la carta, simbolo di caducità e
di leggerezza, di sbiadito e di distruttibile, qui prende forma, diventa e
diviene, si materializza in stardust, in polvere di stelle, in ologrammi
ripescati in fondo nel cassetto segreto e privato delle emozioni, di canzoni perdute,
di attimi scintillanti, di momenti furtivi come la
lingua di Marchetto che esce come Mick Jagger o
che batte (dove il dente duole) dentro la guancia provocando un “ascesso”
interno alquanto sensuale ed erotico. Parte la musica e via dietro il battimano
a ritmo: la Gioconda, che chiuderà lo show in versione figlia dei fiori,
diventa Eminem che a sua volta si trasforma in Gloria
Gaynor che intona il suo “I will survive”. In sala si canta e si balla sulle poltroncine.
Si materializzano poi anche Raffaella
Carrà con baschetto biondo e Tina Turner nel suo atteggiamento
scimmiesco, Louis Armstrong e Kilie Minogue. Un’odalisca diventa una suora, Biancaneve con un piccolo gesto è Renato Zero che canta “La
favola mia” alludendo ai sette nani. Il processo di trasformazione è immediato
come Clark Kent in Superman, come Spideman, come Hulk.
Ed allora ecco salire sul palcoscenico anche Britney Spears e Elton John con i suoi mille occhiali, la bellissima
matrioska, una Whitney Houston cocainomane,
Patty Pravo e la “Bambola” in un amen in Ape Maia “gialla nera, nera gialla e
tanto gaia”. Wonderwoman e Madonna, la Regina d’Inghilterra
compostissima in un lampo è Freddy Mercury, la vera Queen, con i denti in fuori, Mina
giunonica, Miriam Makeeba che si tramuta in giraffa.
Meraviglia e stupore, sorrisi e divertimento allo stato puro. Van Gogh che intona “I’m crazy” tagliandosi anche un
orecchio (Stefano Massini inorridirà), La Piaf nana e storpia
come gobbo di Notre Dame, la Venere di Botticelli, sulle
“Quattro stagioni” di Vivaldi, che in realtà è più un David
di Michelangelo quando scopre le nudità, sul sottofondo di “Non sono una
signora” della Bertè, e mostrando l’arnese. Ecco il Titanic, Dalla ed il lupo, Cremonini e
la Vespa 50, il Faraone poi mummia ed infine Cher,
Vasco avvinazzato, la Venere di Milo che balla il sirtaki, un gospel
a più voci che diventa Elvis fino alla Statua della
Libertà. Per Marchetto
sicuramente non valgono i versi della canzone di Renato Zero “niente trucchi
per me, che non sia il gioco di un’ora”.
Voto
8