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  28/03/2024 - 12:59

 

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MacBeth
di William Shakespeare
Progetto, interpretazione ed elaborazione drammaturgia Elena Bucci (Lady Macbeth) e Marco Sgrosso (Sir Macbeth), regia Elena Bucci con la collaborazione di Marco Sgrosso, con Vladimir Aleksic, Elena Bucci, Gaetano Colella, Marco D’Amore, Andrea De Luca, Massimo Di Michele, Roberto Marinelli, Marco Sgrosso
Il 29 gennaio 2007 al Teatro Cantiere Florida di Firenze e dal 7 all'11 febbraio 2007 al Teatro Metastasio di Prato

 




                     di Tommaso Chimenti


Teatro Cantiere Florida, Musa di Fuoco, stagione 2006 - 2007
Romeo & Giulietta, drammaturgia e regia di Leo Muscato, 2007
MacBeth, regia Elena Bucci in collaborazione con Marco Sgrosso, 2007
Pasticceri, Io e mio fratello Roberto, Capuano - Abbiati, 2007


Classico e classicista il lavoro sul “Macbethdi Elena Bucci, regista e Lady, e Marco Sgrosso, il Sir. Sono le luci, e le ombre gigantesche, le vere protagoniste, che proiettano nature morte metafisiche dechirichiane allungando a dismisura l’ampiezza di un corpo, distorcendoli in volumi spaventosi, vibrandone i contorni divenuti immateriali. Il coro di sei musicisti e comari saltimbanco, pettegole di corte con cadenza napoletana, ora sorelle streghe ciarliere, intonano canti celtici e magie di sottobosco, comandate (ma in realtà gli attori sono tutti uomini) da un capobranco muscoloso come un pivot da pallacanestro con buffo accento britannico. Cassandre premonitrici, ma qui credute, ballerine vamp che si atteggiano in coreografie gestuali come colpi di karatè, mosse le braccia a difesa e contrattacco, parlando, quasi in estatica trance, lingue immaginarie e impossibili. La follia del nuovo re, sanguinario come Nosferatu, e l’avidità arrivista della moglie, “Cambiatemi il latte in fiele”, musa e arpia, unica in bianco candido ma dalla coscienza sporca (come le mutande nel finale di “Cani di bancata” di Emma Dante), lottano giocando in dialettici guizzi. I servitori vassalli avvoltoi gracchiano come falchi affamati nel cupo centro lasciato vivo dalle ombre che intorno si mangiano lo spazio. E’ uno zoo umano: alle mani e bicipiti tesi come ali dispiegate d’aquila rapace fa da contraltare il serpente a sonagli che striscia e sibila nella foresta nera degli incubi sempre più cupi. “Lunga è la notte che non vede mai il giorno”. Il presagio si avvera: “Tu non dormirai più”. Sullo sfondo si staglia un trono d’acciaio futurista, che potrebbe a tutta regola provenire per stile dalla mostra del rumeno Daniel Spoerri attualmente attiva al Centro Pecci di Prato, (fino al 29 aprile 2007) che sembra più una sedia elettrica. Ed il parallelo c’è tutto perché il potere logora chi ce l’ha. Un sole gigantesco giapponese rosso sangue domina alle spalle mentre panche da chiesa, usate per una via crucis improvvisata, attorniano la scena, prima che luci come branchie di squali bianchi non taglino a strisce la scena dividendola come sbarre di gabbie.

Voto 6 ½ 

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