Ho conosciuto Nico
Garrone in queste ultime edizioni del Festival di Radicondoli che dirigeva da una decina di anni. Un
luogo magnifico, a cavallo tra luglio e agosto, tra le vie strette e lunghe assolate
di mattoni rossi, Nico camminava caracollando nei suoi sandali, le dita
impolverate. Ci vedevamo nei periodi di calura: anche il cucuzzolo di Monticchiello
prima di Radicondoli. Teatro. Me lo ricordo così: bermuda e maglietta, un
sorriso che apriva le porte, le mani sempre tese in avanti a stringere altre
mani, ad abbracciare sconosciuti, ad allargare la tavola, ad aggiungere un
posto in più. Era solare. Un ragazzo. Era conviviale e gioviale. Alla soglia
dei sessantanove anni un male incurabile se l’è portato via. A Roma, la sua
città. Critico teatrale e firma riconosciuta unanimemente per
“Repubblica” da metà anni ’70
. Me lo ricordo con un bicchiere di vino in
mano, mai pensieroso, e gli occhi stretti tesi a guardare l’orizzonte, il
panorama sconfinato e giallo delle campagne senesi, la dolcezza di quelle
colline che lo avevano scelto. La sua precisa e attenta, ma anche a volte anticipatrice
direzione, nella scorsa edizione aveva ospitato una retrospettiva sul maestro
Micha van Hoecke. Poi
cominciava con gli aneddoti, le curiosità, i retroscena e non c’era altro da
fare che stare ad ascoltarlo a bocca aperta tra le mille battute dove scappava
un po’ di romanesco che dava colorito a vecchie vicende, a personaggi, a
stranezze e stravaganze. Questa estate gli ho regalato un volume del quale ne avevo curato l’edizione. Mi ha ringraziato con la
sua bonaria flemma, chinando un po’ la testa e con quella placida attesa di
parole nuove. Chissà se lo avrà letto. Me lo ricordo con la telecamera e le
unghie annerite degli alluci, segno di chi è ancora alla ricerca, in caccia, in
perenne curiosità. Me lo ricordo a fianco del suo figlio più piccolo e accanto a quello già divenuto celebre, il regista di “
Gomorra”,
Matteo. Aveva una parola per tutti, una piccola attenzione, uno sguardo anche
sbadato, un sorriso d’accoglienza e tolleranza, mai sgarbato, frasi docili ma
ferme, senza mai alzare i decibel.
Voto
9