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Compagnia Familie Floz
Teatro Delusio
Per la rassegna International Visual Theatre
Al Teatro di Rifredi dal 15 al 19 marzo 2006

 




                     di Tommaso Chimenti


La rassegna International Visual Theatre 2006
Familie Flöz: Teatro Delusio
Flöz Production: Ristorante Immortale
La rassegna Vedere l'invisibile 2003
Rossotiziano: 32 Mq Di Mare Circa


Se con “Ristorante immortale” i Floz ci hanno insegnato che si può ridere con intelligenza delle piccole banalità della vita, con “Teatro Delusio” ci hanno fatto vedere l’altra faccia della medaglia, di tutto quello che sta dietro i lustrini ed i luccichini della scena, del teatro, dello spettacolo. Che ogni successo è lavoro e fatica, è fango e mani sporche di sudore, è affanno ed amore ed odio. In poche parole è energia vitale, è materia che pulsa. Le maschere dal volto esterrefatto, dai nasi abnormi, prendono vita e sembrano assumere espressioni diverse di volta in volta. In tre si dividono in una trentina di personaggi ben assortiti e variegati. I tre tecnici di scena iniziali, qui assomiglia a “Come due gocce d’acqua” di Alessandro Benvenuti, devono preparare al meglio il palco per gli artisti. C’è l’operaio imbranato e pasticcione che ha le vertigini ed ha paura di salire sulla scala ed è preso più a leggere o a giocare col proprio furetto che a lavorare sodo, c’è l’elettricista muscoloso e dal martello facile, c’è il capo mastro anziano e grasso che controlla e vigila e si innamora per l’ultima o l’ennesima volta. E ci sono le invidie e le gelosie tra artisti, tutte prime donne, ed i lavoranti. Entrano in scena le grandi doti di trasformisti di Paco Gonzales e soci: il triangolista che sbaglia sempre l’entrata tra palco e camerini, il trombettista ballerino, il direttore d’orchestra dai capelli sparati, che sembra Herbert Von Karaian, il percussionista che ha dimenticato una bacchetta, l’anziano violinista quasi del tutto cieco, un soprano, la divina Callas?, una parrucchiera-truccatrice che si fa un’overdose di lacca, la donna delle pulizie, i provinanti dalle belle speranze ma bocciati, i ritardatari, l’impresario del teatro, intrallazzone ed armeggione tra vari amori. E poi l’esilarante coreografo in calzamaglia attillata, ovviamente omosessuale, e poi amanti che si scambiano, s’azzuffano, si prendono e si perdono in un continuo tourbillon emozionale tra maschere, costumi e tanta varia umanità dove molti del mestiere si sono rivisti e riconosciuti. Non manca il fantasma dell’opera che aleggia, proteggendolo, il teatro: è una bambina dal volto pallido, forse anemica economicamente ma che ancora ha energie da vendere, autoironia, semplicità ed amore per tutti quelli, vicini e lontani, bazzicano le tavole di legno o le poltrone in velluto della platea.

Voto 8 ½ 

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