Banda Osiris e Eugenio Allegri: L'Ultimo Suonatore
Banda Osiris: Roll over Beethoven, con il Quartet Humoresque
Un orecchio gigante campeggia sul
palco. Sulle note di Quark, manca soltanto Piero Angela e prole al seguito, prende
il via il viaggio a ritroso nei venticinque anni della Banda Osiris. Cartoni animati di carne,
vignette parlanti, fumetti sonanti. Personaggi teatrali, televisivi, da colonne
sonore, in libreria. Di tutto di più, come Mamma Rai, dove sono ospiti fissi
della trasmissione di Serena Dandini. Stranamente il nuovo Teatro Dante di Campi alla
prima della Banda è per metà vuoto. Il direttore
artistico Alessandro Benvenuti
è in altre faccende affaccendato con il debutto ronconiano di “Farhenheit 451” a Moncalieri. Come una
razza in via d’estinzione, in un medley continuo e
reiterato, gli ottoni dei quattro diventano sci, remi, ali o vanga, miscelando
teatro e mimo, azione e gag. Muovono gli strumenti come lego o meccano
costruendo prima un pagliaccio stilizzato e tecnico poi lavorandosi ai fianchi
con battaglie di lance e spade alla “Guerre Stellari”. La canzone svizzera, con
yodel e mucca annessa (bravissimo alla voce il
fratello Carloni più savio e dal phisique
du role), è il primo guizzo mentre in video passano le dodici variazioni di
pianoforte: l’altopiano, il piano regolatore, Renzo Piano, il piano bar, il
piano verticale, il ripiano, il piano diabolico, il pianerottolo, il pian
pianino. La sorpresa virtuale è il pianista Stefano Bollani
che accompagna la band alla canzone dei filosofi, da
hit e da i-pod. Geniale il fratello
“pazzo” Carlone con i capelli sparati come lo
psicologo televisivo Andreoli, elettrizzati come Ficarra,
irti come Caparezza, simile allo
scienziato psicotico Gene Wilder in “Frankenstein
Junior” o al luminare squilibrato di “Ritorno al futuro”. Scatenato ed urlante
come il fratello di Bracardi, il fu
pianista di Maurizio Costanzo. Splendido il doppiaggio sonoro della spy story gangster poliziesca alla Fred
Buscaglione, che qualche stagione passata omaggiarono con la piece “Guarda che luna”. La favolosa
“rissa al rallenty con gli strumenti usati come armi
ad offendere precede prima la “Pregherò” di Celentano, ma in latino, quasi
sacrilego, poi, come ballerini del Trocadero di Montecarlo, danzano e folleggiano facendo volteggiare la
loro ballerina in tutù composta dai vari ottoni, il
loro marchio di fabbrica, sempre presente a chiosare le loro performance.
Voto
7½