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  05/05/2024 - 19:29

 

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Federico Tiezzi
Scene di Amleto, secondo sogno
Sei scene tratte da William Shakespeare
Operazione profonda, che progredisce gradualmente, per scene

 




                     di Giovanna Checchi


Il nuovo allestimento curato da Federico Tiezzi: Scene di Amleto secondo sogno ovvero sei scene tratte dall'Amleto di William Shakespeare è un appuntamento decisamente da non perdere specialmente per chi, come me e tanti altri, aveva già assistito (entusiasmandosi) alla prima tappa ovvero agli Studi presentati l'anno scorso, esattamente nel medesimo spazio. Un'operazione interessante quella di Tiezzi. E soprattutto operazione profonda, che progredisce gradualmente, meticolosamente, per scene. In questo modo lo spettatore ha la possibilità di gustare, in maniera quasi tattile, il testo shakesperiano. E insisto su questa dimensione "coinvolta", sensuale, del pubblico perché sin dalla prima scena (Atto I, scena 2 ovvero quella dell'apparizione del fantasma del vecchio re Amleto al figlio, il principe Amleto) si sta a stretto contatto con gli attori. Dalla prima scena fina alla quarta siamo addirittura seduti, scomodamente, in un ring. All'inizio siamo tutti lì, storditi dal buio, dai suoni, dai rumori, dalla paura che ci avvolge sapendo che qualcosa di ultraterreno si manifesterà. Il disagio è forte, la posizione corporea scomoda, il coinvolgimento alle stelle. D'altra parte il taglio "guerrigliero" gustato l'anno scorso ci viene ripresentato tale e quale. Coloro che sostengono il giovane Amleto sono soldati, armati fino ai denti. L'atmosfera mediorientale della prima scena si carica pian piano di esplicite allusioni al mondo orientale e alle sue tradizioni iconografiche e religiose (divertente la scelta "buddista" delle preghiere recitate dalla dolce Ofelia). Via via che le scene si dipanavano in questo percorso saltellante attraverso la pièçe scespiriana mi chiedevo se tanto studiatissimo affastellamento di oggetti, stoffe, maschere, musiche (anche in senso ironico o quanto meno divertito) non iniziasse ad irritarmi leggermente. Dopotutto il testo è un capolavoro, gli attori tutti bravi (eccellente Roberto Trifirò nei panni, per niente facili, del triste principe danese), la scelta delle scene ottima. Perché insistere sulla ricercatezza e la raffinatezza dei costumi, delle maschere (non così ovvie), dei pannelli? Mi stavo chiedendo questo quando siamo arrivati alla sesta e ultima scena (Atto IV, scene prima, terza, quarta e Atto V, scena seconda). Provate a immaginarvi una cucina spoglia, squallida, con un tavolaccio di formica e una porta aperta sull'esterno (vero, industriale, del cortile del Fabbricone). Soltanto a quel punto, quando non c'è alcun ausilio, alcun artificio, alcun supporto (scenografico, illusionistico, iconografico), si capisce di quale pasta è fatto il teatro di Tiezzi e la qualità dei Magazzini. Noi non avevamo dubbi, naturalmente. Grazie Federico, ancora una volta ci hai donato una serata ricca di emozioni, che rimette totalmente in gioco quello che credevamo di sapere e di conoscere di questo monumento del teatro che ha da sempre affascinato grandi e piccini

Voto 8 

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