partner di Yahoo! Italia

Fizz - Idee e risorse per il marketing culturale !

Scanner - Cultura Opinioni Online
links redazione pubblicità info redazione@scanner.it


   


Batracomiomachia
La versione di Leopardi
La Biennale di Venezia
Gli appuntamenti 2022
Musica in scena
Un progetto multidisciplinare
Biennale College
Terza edizione
Crave
Di Sarah Kane
Era la nostra casa
Scritto e diretto da Nicola Zavagli
Teatro popolare d’arte
Tutto Scorre - una favola nera
Tre donne in cerca di guai
Regia di Nicasio Anzelmo
Call Me God
Finalmente l'edizione italiana
Piero della Francesca
Il punto e la luce

 


Ricerca avanzata

 

 

Arte Musica Libri Cinema Live Interviste Home Vignette Gallery Hi-Tech Strips Opinioni Gusto Ospiti TV

  02/05/2024 - 04:29

 

  home>live > appuntamenti

Scanner - live
 


Alveare volume II
Officina Giovani
Luisa Cortesi: “Eskaton o il telos della visione”, Anagoor: “How much fortune can we make?”, Korekanè: “Primo frammento di un quotidiano disfatto”, Codice Ivan: “Gmgs (andi) Amo avanti”
Contemporanea Festival – Prato dal 28 al 31 maggio 2010

 




                     di Tommaso Chimenti


C’è come un’idea di sporco che traspare, che infanga, che travalica le quattro opere del secondo step dell’Alveare di Contemporanea. Ma possiamo allargare il miraggio anche ad altre composizioni giovani. C’è un sentore, nell’aria, nella società, e quindi anche nel teatro, di passaggio ad osmosi tra lo sporco, i detriti, la polvere, le macerie, interne e quelle effettivamente reali e presenti, materiali e metaforiche, che dal fuori cercano strade per l’interno. E le trovano, anche. Ed allora l’olio sulla pelle di Luisa Cortesi (“ Eskaton”) che imbriglia un corpo in una viscidezza che epura gli altri abbracci, che la esula e la emargina al contatto in un senso di impropria lucidità, in un alone di diversità e di squagliamento, con un vestito che da lontano appare bello e colorato e che, col tempo, con la vita, con il movimento, si sfalda, si disunisce, si scolora, si imbroglia, si sgualcisce in un unico patchwork astratto di manate d’arcobaleno. La perfezione si sbriciola, oppure si può scorgere soltanto da lontano, soltanto in un fotogramma d’immagine, quindi ipocrita, finto, fasullo, volutamente fallace. La vita è una pellicola, non una fotografia. In questo quadro (e qui parlare di quadri è azzeccato visto l’amore dichiarato e palese per il Giorgione) gli Anagoor (“How much fortune can we make”), ed il loro attore modello in miniatura, prima tagliano l’opera rendendola vulnerabile, anche accessibile, toccabile, ed inutilizzabile per la pura e sola visione estetica proprio perché rovinata, e scavandone a fondo fino a ricavarne polvere d’oro. Dietro la cultura ci sta sempre anche il guadagno, che sia cerebrale oppure fruttifero. L’uomo qui diventa una grande pepita distesa su un tavolaccio da obitorio d’artigiano aspettando di essere scoperto, analizzato e riportato alla luce. Sporcano il terreno anche le Korekanè (“Primo frammento di un quotidiano disfatto”) in una danza reiterata e stancante e sfibrante di tacchi a spillo in un vortice da gioco dell’oca ad inseguimento senza prendersi. Lo sporcano con messaggi lasciati al destino, come fogli nelle bottiglie sull’oceano, sillabe concesse ad un altro inquilino del quale se ne nota la presenza dai segni di gesso nero, come graffitari urbani, come uomini primitivi nelle caverne, ma del quale non se ne conoscono i tratti. Scritte, poesie, frasi lasciate prima ad adornare di significato il gesto dell’attesa circolare, di quella corsa e piedi veloci per raggiungere nuovamente lo scopo fino alla violenza della cancellazione rabbiosa dell’altrui pensiero, perché insopportabile, perché insostenibile, come annullamento della persona stessa. La censura uccide le persone, non soltanto le parole. Pugni, sacco e molto sudore, perché tirando di boxe ad un nemico che non si vede (non è che non esiste, però!), perché coperti e nascosti da maschere scimmiesche, forse per piacere di più, sporcano e affaticano la ricerca della felicità (no, non è Muccino con Will Smith, tranquilli) azzoppata e trascinatasi nella ricerca (stavolta più convincenti sia rispetto al Premio Scenario “Pink, me and the roses” che ad “Un secco Nord”) dei Codice Ivan (“Gmgs/(andi)amo avanti”). Una soglia che si sposta senza farsi raggiungere, acchiappare. Inutile dire qui che la precarietà forgia e forma il pensiero e struttura anche queste nuove linee che sono più di sopravvivenza, di aiuto. Grida sorde e mute che paiono senza soluzioni. Il futuro è ancora nero. Il cielo non è blu. Anzi, cieli neri su di noi di bluvertighiana memoria.

Voto 7 + 

        Invia Ad Un Amico

© Copyright 1995 - 2010 Scanner