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  24/04/2024 - 12:12

 

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Scanner - live
 


SUD
Saloncino della Pergola a Firenze dal 22, al 24 febbraio 2005.
Di: Maddalena Crippa, Letizia Quintavalla, Alessandro Nidi.
Regia di Letizia Quintavalla

 




                     di Tommaso Chimenti



Come non commuoversi davanti a tanta delizia per palati fini di musica dolce e padiglioni docili da note strazianti e melodiose insieme, per la calma cullante delle nenie di un’altra epoca dove era più facile arrivare al cuore, stemperare la rabbia con una lacrima, dedicare la vita in una strofa, sciogliersi per un verso, abbracciare l’amore con la A maiuscola.
Tra concerto e passione, il Mediterraneo, il mare nostrum pulsa nella voce di Maddalena Crippa, vincitrice del “Premio Duse” 2004 come migliore interprete che al Saloncino, teatro sempre più vero e vivo e che non si può certo definire un “ridotto” per i nomi che in questa stagione l’hanno calcato, ha dato il meglio di sé ed ha giustificato in pieno tale attribuzione d’alloro e certificazione del talento. Alle spalle, larghe, della Maddalena dei sogni, un grosso cerchio giallo, sole, che nasce o tramonta sul Sud caldo e umido, pancia rigonfia di una nuova venuta, limone aspro come la vita, uovo che contiene linfa.
Grazie alle parole latine, lo spagnolo in prima linea, di alcuni grandi della musica e della poesia del secolo scorso, traspare in controluce un viaggio politico, rivoluzionario che scardina e dribbla la realtà per accomodarsi su strada laterali, tangenti parallele di donne, di dolore, di fatica, una prosa raccontata con la verve ed il piglio maturo, stoccate e stilettate al conformismo, al confortante, al consueto, al delirio quotidiano della normalità, spallate alla famiglia, al buon costume, in nome dell’anarchia dei sentimenti, al caos della vita, al disordine degli sguardi e degli abbracci.
Dopo “Sboom”, duecentocinquanta repliche non sono così poche, un altro musical- revival in prosa cantata supportata da musicisti degni di tale nome ed una Crippa che riempie da sola la scena, in una mise nera quasi futurista con zip da astronauta del nostro tempo giovanilista ed adamitico, incarna la voglia di teatro, di aria nei polmoni per gridare al mondo di esistere.
Galeano, Pablo Neruda come compagni di viaggio e le canzoni lamentose tangate che vibrano e drizzano la pelle nostalgica fino alla conclusiva “Gracias a la vida” rievocativa ed ancora una volta capace di far sognare.
Applausi: in questo caso nessuno sprecato.

Voto 9 

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