Akhe, Faust in cube. 2360 Words, 2007
Akhe, Plug and Play, 2007
Più una fiesta che una piece
teatrale, una patchanka balcanica, una tombola caciarona, una ridda caotica di
colori e suoni, scintille carnevalesche pirotecniche. Gli Akhe ripropongono con la prima assoluta
“Plug and Play”, (fino al 20 ottobre; 055.826022) al Jack and Joe Theatre, la “Casa
degli artisti russi” di Firenze e dintorni, l’oggettistica ed una messinscena
simile a quella vista pochi giorni fa alla Limonaia per il loro “Faust”. Tre sul palco: il
piccolo folletto dj scatenato e compulsivo con occhi satanici e i due giganti
barbuti che sembrano usciti da una favola di orchi e boschi magici. Tra tartine
all’aringa e vodka, rigorosamente a 40 gradi, si viene colti dal turbinio
dell’azione d’infarto che non lascia decantare gli occhi. Qui si lavora per
aggiunta, per somma esponenziale, mai per sottrazione. Da saltimbanco di Mercantia tra semplicità disarmante
e tecnica eccelsa. Al banchetto centrale di pozioni e veleni fanno da
contrappeso le decine di fili che calano dall’alto con appesi gli oggetti di
scena: seghe, pentole, coltelli, patate, cipolle. Artigianato post industriale,
cabaret atomico. Sembra di essere in una fabbrica di inizio secolo, un
esperimento demenziale ardimentoso alla ricerca di non si sa bene quale
ingrediente misterioso. Vengono passati al pubblico agli da tirare con la
fionda e peperoni da tirare sugli attori (come Punzo nella “Scuola dei Buffoni”
del ’06). Non mancano il fumo mefistofelico e le fiamme demoniache supportate
dal dj “epilettico” in costante stato d’alterazione. Un salto, un urlo e si
scatena il finimondo sul piccolo palco di Adriano Milani: petardi esplosivi in
un pandemonio organizzato punk, una movida elettrica, una continua girandola
sovversiva alla Clash, un
cataclisma concertato come i Gogol Bordello, un mulinello di sensazioni
zingaresche che si rincorrono senza un attimo di sosta. L’agitazione aumenta
nel panico generale da “Comiche” che si scatena in un impianto drammaturgico
che vira su scenette disgustose come la pancetta cilindrica dentro i boxer
affettata come Lorena Bobbitt nell’intento di evirare il marito. La velocità
d’azione concentrica e i lampi nauseanti sono intercalati dalla creazione di un
dipinto, “L’uomo delle olive” che verrà battuto all’asta a fine spettacolo.
Voto
7