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  19/04/2024 - 11:44

 

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Akhe
Plug and Play
Più una fiesta che una piece teatrale
Fino al 20 ottobre 2007 al Jack and Joe Theatre di Cerbaia

 




                     di Tommaso Chimenti


Akhe, Faust in cube. 2360 Words, 2007
Akhe, Plug and Play, 2007


Più una fiesta che una piece teatrale, una patchanka balcanica, una tombola caciarona, una ridda caotica di colori e suoni, scintille carnevalesche pirotecniche. Gli Akhe ripropongono con la prima assoluta “Plug and Play”, (fino al 20 ottobre; 055.826022) al Jack and Joe Theatre, la “Casa degli artisti russi” di Firenze e dintorni, l’oggettistica ed una messinscena simile a quella vista pochi giorni fa alla Limonaia per il loro “Faust”. Tre sul palco: il piccolo folletto dj scatenato e compulsivo con occhi satanici e i due giganti barbuti che sembrano usciti da una favola di orchi e boschi magici. Tra tartine all’aringa e vodka, rigorosamente a 40 gradi, si viene colti dal turbinio dell’azione d’infarto che non lascia decantare gli occhi. Qui si lavora per aggiunta, per somma esponenziale, mai per sottrazione. Da saltimbanco di Mercantia tra semplicità disarmante e tecnica eccelsa. Al banchetto centrale di pozioni e veleni fanno da contrappeso le decine di fili che calano dall’alto con appesi gli oggetti di scena: seghe, pentole, coltelli, patate, cipolle. Artigianato post industriale, cabaret atomico. Sembra di essere in una fabbrica di inizio secolo, un esperimento demenziale ardimentoso alla ricerca di non si sa bene quale ingrediente misterioso. Vengono passati al pubblico agli da tirare con la fionda e peperoni da tirare sugli attori (come Punzo nella “Scuola dei Buffoni” del ’06). Non mancano il fumo mefistofelico e le fiamme demoniache supportate dal dj “epilettico” in costante stato d’alterazione. Un salto, un urlo e si scatena il finimondo sul piccolo palco di Adriano Milani: petardi esplosivi in un pandemonio organizzato punk, una movida elettrica, una continua girandola sovversiva alla Clash, un cataclisma concertato come i Gogol Bordello, un mulinello di sensazioni zingaresche che si rincorrono senza un attimo di sosta. L’agitazione aumenta nel panico generale da “Comiche” che si scatena in un impianto drammaturgico che vira su scenette disgustose come la pancetta cilindrica dentro i boxer affettata come Lorena Bobbitt nell’intento di evirare il marito. La velocità d’azione concentrica e i lampi nauseanti sono intercalati dalla creazione di un dipinto, “L’uomo delle olive” che verrà battuto all’asta a fine spettacolo.

Voto 7 

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