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  20/04/2024 - 08:23

 

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John Giorno
You got to burn to shine
Per risplendere devi bruciare
Firenze, Edizione City Lights Italia, 1998; pp. 265

 




                     di Simone Noto


"Se non fosse per un incidente non sarei qui".

Queste le poche parole scritte a mano sul suo libro, fredde e taglienti come la propria poesia, dedicate col sorriso di un gay ormai datato e disincantato come la sua narrativa: John Giorno , uno dei più grandi autori della Pop Art letteraria, germoglio di quella " Beat Generation " newyorkese che lui stesso definisce inesistente, frequentatore ed amante dei più grandi artisti degli anni sessanta e settanta. Sconosciuto in Italia ai molti anche per la totale mancanza di traduzioni dei suoi testi, grazie a questo primo libro tradotto da Stefano de Angelis e edito dalla City Lights Italia, impone (con i dovuti limiti della lingua diversa) il suo stile di alta poesia appoggiata su brevi narrazioni di episodi autobiografici. Un insieme di cause ed effetti in cui non sempre le ultime sono conseguenti alle prime.

Caratteristica principale della poetica di Giorno è il ripetersi ossessivo di frasi che fissano nella mente del lettore particolari azioni o stati d'animo cui spesso ognuno di noi lega la propria vita: da ciò prende corpo la monotonia non solo dei comportamenti ma anche dei pensieri che li determinano. La rappresentazione altro non è che il riflesso della realtà del pubblico, accettata o rifiutata in taluni casi; è il continuo riproporsi della semplice oggettività dell'individuo. Da qui il suo obiettivo, entrare nella testa della gente con parole riproposte in modo ossessivo rendendole oggetto ben definito nell'immenso universo mentale.

Prende vita dai suoi versi quel senso di angoscia e di oppressione causati dalla società nei suoi confronti (nei nostri confronti) che spesso conducono l'uomo ad atti estremi: il tutto fa sì che l'essere oppresso/soppresso si ritrova in un nuovo agghiacciante universo di prigionia e sottomissione che rende sempre più labile il concetto di fede cattolica aumentando l'inevitabile terrore della morte.

Vie di fuga da questo stato mentale sono rappresentate dalla droga e dal sesso. La prima utile a creare l'immaginifico di cui necessita, in un ambiente che lo circonda tristemente metropolitano, con la speranza di trovare una persona che lo ami e che voglia essere amato ma che purtroppo rimane una proiezione della sua fantasia. Ne emerge un senso di solitudine in cui solo il soddisfarsi del proprio stato allevia per un attimo la sua malinconia che come in un vortice si ripropone sotto le spoglie di amara rassegnazione, nell'attesa di quel calore umano per troppo tempo cercato e non trovato.

Un inno agli eccessi quindi, unica vera fonte di vita e di vitalità ma anche specchio della propria incapace esistenza: "Per risplendere devi bruciare". E fra tutti il sesso, quello che più lo ammalia e lo terrorizza. Esperienze passionali ed animalesche per riattivare uno stimolo vitale nella gente. Inevitabile terrore per l'
AIDS , che gli ha portato via molti dei suoi amici e che lo portano oggi a considerarsi un miracolato o meglio un sieronegativo.

L'esplorazione della sua narrativa si presenta come pura visione a 360 gradi: niente può essere escluso dai propri pensieri o immaginazioni. In relazione alla sua poesia, John ci apre la strada con un vero e proprio manifesto al suo progetto di lotta contro l'AIDS. Un aiuto a persone più sfortunate che Giorno considera comunque amici, mancati amanti, cui anni prima avrebbe donato il suo corpo ed a cui ora regala amore; non compassione ma solidarietà.

Ed è così che rievoca la morte di Robert Mapplethorpe nel 1989. Artista caro a John per la sua stravaganza; un uomo legato alla vita più di ogni altro, un cadavere che fino alla morte ha cercato di essere vivo e presente lottando con tutte le sue forze possibili ed impossibili. Una morte che idealizza nella mente di Giorno il pensiero che lo spirito possa condizionare l'opera del corpo ormai perso, dando maggior fama a taluni artisti dopo il decesso. Più morbida ed armoniosa la descrizione della morte di Terry Clifford, affrontata dalla stessa con serenità e distacco grazie alla meditazione trascendentale: non è morta lottando, si è addormentata per un periodo indefinito.

E così, sull'onda dei ricordi, l'autore rievoca il primo incontro con Keith Haring in un bagno della metropolitana dove i due si lasciarono travolgere da un meraviglioso rapporto occasionale. La descrizione celestiale degli amplessi, sottolineati dalla dolcezza ma anche dal vigore fisico, dal mistero del non conoscere il partner alla sicurezza di intuirne la sincerità, fanno eco gli squarci della triste città sotterranea, quali l'odore fetido dei bagni pubblici e la costante paura delle forze dell'ordine. Come suo solito, alla generosa e soave descrizione dell'evento, messo in risalto dalla peculiare descrizione dei particolari, fa seguito la drammatica constatazione della malattia che per l'ennesima volta è riuscito ad evitare: in quel periodo Haring era già sieropositivo. Risulta da questa breve narrazione un rapporto passionale e di amicizia molto forte fra il poeta ed il pittore, portato avanti sia sul piano personale sia nell'ambio artistico, fino alla morte di quest'ultimo nel 1990.

Penna e pennello si uniscono nuovamente nei ricordi di un altro grande amico: Andy Warhol . Il pensiero si focalizza sulla primavera del 1963, anno in cui i due, stravolti dalla mania di protagonismo, realizzano il loro primo film "Sleep". Al ricordo di Warhol come artista, si sovrappone la vista del novello ed inesperto regista. Alla collaborazione spesso si alterna una passione di John verso quel misterioso personaggio che riuscì a rivoluzionare le consuetudini della sfera cinematografica estremamente maschilista ed eterosessuale di quel periodo. Ed ecco venire alla luce il film: ore ed ore di pellicola in cui Andy riprende John nel semplice gesto di dormire. Seguono brevi aneddoti come l'incontro dell'autore con la madre del pittore; la vergogna del proprio parrucchino da parte di Warhol ; la pericolosa caduta dei due per le scale; il ricordo dei rapporti sessuali. Tutto ciò è da preambolo al secondo film girato dai due artisti "Hand Job", in cui John è ripreso in primo piano durante la masturbazione: il film non è mai uscito. Gli eventi si interrompono nel 1964, anno in cui termina il rapporto tra i due; una separazione triste ma inevitabile per due persone che cercano nel successo la loro unica via di fuga. A cammeo del brano l'episodio avvenuto nel 1970 della vendita di un quadro di Warhol regalato a Giorno per 30.000 dollari; lo stesso dipinto nel 1987, anno della morte di Andy, è valutato ben 3.000.000 di dollari. A John non rimane altro che il ricordo di un mito immortale legato a sensazioni fin troppo intimiste.

L'opera si apre e si chiude con alcune gemme di impagabile raffinatezza. L'introduzione vede la firma di uno dei migliori amici di John: " William S. Burroughs . Nell'epilogo Giorno spiega l'importanza della performance nella sua poesia. I suoi componimenti usano la carta stampata solo come uno dei tanti tramiti per arrivare al pubblico ed alla realizzazione dei suoi lavori. Prodotti che hanno come termine ultimo il conseguimento della messa in scena, non teatrale, ma passionale ed emotivamente coinvolgente/sconvolgente. Il fine dicitore altro non è che un domatore di versi che con la sua poesia frusta i cuori della gente leccandone morbosamente le ferite.

John Giorno, You got to burn to shine / Per risplendere devi bruciare, Firenze, Edizione City Lights Italia, 1998; pp. 265

Voto 9 

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