Il cognome c’è ed è altisonante
nel mondo dell’editoria, il coraggio letterario anche. Parlare di Brigate Rosse
prima che il bubbone esplodesse nuovamente poteva essere anche considerato un
atteggiamento retrò e demodè, invece Valerio
Lucarelli, nessuna parentela né con lo scrittore noir cult Carlo
né con il centravanti del Livorno Cristiano,
ha saputo ben mischiare le carte in questo suo esordio “Buio Rivoluzione”
uscito per la PeQuod
edizioni (220 pagine, 15 euro). Notare le iniziali del titolo: BR
ovviamente in rosso su sfondo nero dove opache e dai contorni sfumati una
figura misteriosa e minacciosa si aggira nel campo visivo
mentre in prospettiva qualcosa esplode. Fanno ancora paura
le Brigate Rosse? Dalle ultime vicende sembra che la malattia non sia
ancora del tutto debellata e rimangono frange, che
non si sono esaurite con gli arresti e le condanne ma che si rinnovano con le
nuove generazioni, ancora affascinate, attaccate ed aggrappate con denti ed
unghie ad ideali forse sorpassati, sicuramente troppo violenti. La voglia di
rivoluzione brucia ancora sotto la cenere. Lucarelli,
trentottenne napoletano, è riuscito ad unire un poliziesco, forse un po’
troppo classico con l’agente separato e ombroso ed in rotta con il capo
conservatore, con una cronaca non troppo lontana. Si sentono echi
dell’omicidio D’Antona prima e Biagi
dopo, il G8 genovese, la Lioce e gli arresti tra le nuove Br. Un
libro trasversale ambientato in un futuro
prossimo, appena nel 2008 che è già alle porte, con la figlia del premier
britannico rapita da un manipolo di guerriglieri della notte che gli rinfaccia
la guerra In Iraq e Afghanistan. Il protagonista, Lupo (come il
personaggio della pellicola omonima sul grande schermo in uscita in questi
giorni con Massimo Bonetti sulla vita di Liboni), nome già emblematico,
rischia di “americanizzare” l’inchiesta incentrando il Bene nelle sue doti ed
indagini parallele poco ortodosse, come intrattenere rapporti e relazioni con
una brigatista, sconfiggendo quasi da solo, grazie alla sua esperienza non
teorica ed al fiuto innato del segugio, il battaglione ideologizzato.
Ma il tentativo è da salvare, la trama prende corpo e affascina, tranne le
battute di spirito cameratesche tra Lupo ed il collega dell’MI5
britannico ed il bacio tra il Diavolo e l’Acqua Santa (un cliché),
e la soluzione non è così scontata. I brigatisti, o coloro che si sono voluti
arrogare di essere gli eredi del movimento del Partito Comunista Combattente
anni ’70, ne escono come un gruppo di cialtroni
improvvisati, colmi di frasi fatte e prosopopea propagandistica buona per gli
slogan ai cortei o per i comunicati di rivendicazione ma difficilmente
applicabili alla realtà. Specialmente alla nostra odierna, come dice
giustamente Lucarelli, “L’Italia del Duemila, una
nazione pacificata e intontita dal consumismo, dalle veline e dai
multimiliardari eroi del pallone”.
Voto
7
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