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  02/05/2024 - 06:08

 

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Shine
Regia di Scott Hicks
Cast: Geoffrey Rush, Noah Taylor, Armin Müller-Stahl, Lynn Redgrave, John Gielgud; drammatico; Australia; 1996; C

 




                     di Filippo Mezzetti


Shine
Cuori in Atlantide
Sapori e dissapori


La prima volta che ho visto Fantasia di Walt Disney la mia età si componeva di una sola cifra e i ricordi relativi a quel film si riferivano a qualche fotogramma di Topolino vestito da mago ed ad alcuni ippopotami in tutù. Purtroppo, ho rivisto Fantasia in età più matura e da quel giorno non posso più ascoltare la Pastorale di Beethoven senza che mi passino davanti agli occhi piccoli fauni e giovani centauri che zampettano allegramente in un praticello stile Mulino Bianco. Il coniugare una pellicola con opere di musica sinfonica è un operazione rischiosa (fallimentare nel caso delle pubblicità) ma che in Shine raggiunge il successo. Il terzo concerto per pianoforte e orchestra di Sergeij Rachmaninov il Rach Tre come viene affettuosamente chiamato dagli attori di Shine, è il vero protagonista del film. Un protagonista che ricorda molto da vicino il Marlon Brando di Apocalyse Now il Colonello Kurtz: che in un film di circa tre ore compare appena per una ventina di minuti. Anche qui come il Kurtz del film di Coppola il Rach Tre compare solo per pochi minuti in quella che è una delle sequenze più intense del film; ma la sua presenza aleggia come un ombra per tutta la durata della pellicola. E’ lo scoglio sul quale si infrange la fragile pische del giovane David, ma è anche la sua nemesi e la sua catarsi. Per lui rappresenta una sorta di discesa all’Inferno seguita da una faticosa rinascita che lo porterà a tagliare definitivamente il cordone ombelicale che lo lega ad un padre opprimente. L’impervio percorso però lascerà tracce indelebili in lui che non potranno essere cancellate dalla lunga degenza in una casa di riposo. Eppure, nonostante tutto, il personaggio riesce a trasmettere costantemente allo spettatore una gioia di vivere, un affetto verso il prossimo ed una fiducia nell’amore. Amore visto come generosità, abbracci, baci e carezze da dispensare a chiunque venga incrociato lungo il cammino. Un ulteriore chiave di lettura potrebbe essere questa: la ricerca da parte del pianista di figure sia maschili sia femminili con le quali sostituire i genitori. Il regista dedica infatti particolare attenzione ai personaggi di contorno: a quei padri adottivi che David incontra durante la sua vita (ovvero i suoi maestri di musica) e alle donne che lo aiutano a risalire nel baratro nel quale è sprofondato. Invece per colmare un parziale vuoto materno causato da una donna succube del coniuge ed incapace di difendere il figlio, il giovane David trova un affettuosa e benestante signora fondatrice dell’Associazione Amici dell’Urss, mentre il David adulto continuerà a ricercare attraverso i seni delle altre donne questo contatto ancestrale. Un ultima nota per l’attore Mueller Stalz, l’oppressivo padre di David che nel film Music Box recitava la parte di un aguzzino nazista mimetizzato negli Stati Uniti. Che ci abbia preso gusto ad infierire sui più deboli? Merita qualche considerazione anche l’operazione musicale che è nata sull’onda del successo del film. Soprattutto viste le polemiche con cui la critica (musicale) ha accolto la serie di concerti tenuti da David Helfgott in America. Fin dal debutto del tour, che è avvenuto alla Simphony Hall di Boston, è stato infatti palese il diverso atteggiamento del pubblico e della stampa specializzata. I biglietti dei trenta concerti di Helfgott negli Stati Uniti sono andati immediatamente esauriti, nonostante le recensioni catastrofiche dei maggiori quotidiani. L’America ha ancora voglia di cullarsi in favole positive. E anche noi, per una volta, siamo d’accordo con il pubblico americano.

Shine, regia di Scott Hicks, con Geoffrey Rush, Noah Taylor, Armin Müller-Stahl, Lynn Redgrave, John Gielgud; drammatico; Australia; 1996; C

Voto 7 

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