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Ligabue Tour 2010, concerto allo Stadio Artemio Franchi di Firenze
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Il concerto al campovolo 2005
Ligabue tour 2003, In Teatro
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Miss Mondo
Radiofreccia
Possiamo essere eroi, anche solo per un giorno, cantava David Bowie. Il sogno di Bruno è quello di
cavalcare le onde dell’etere, con un piccolo trasmettitore da pochi watt e tutta la forza della musica. La sua soffitta diventa la base operativa di un gruppo di amici, che a Radio Raptus dedicano tutte le loro energie mentali. Sono i diabolici anni settanta, con i fantasmi della droga, i saggi consigli di un barista, una favola di libertà che corre per la bassa padana. “Radiofreccia” è così, indistinguibile dall’anima sincera del suo estemporaneo creatore, Luciano Ligabue, rocker dalla schitarrata facile,
prestato prima alla penna poi alla macchina da presa (mossa sotto la supervisione attenta di
Antonello Grimaldi). Racconta una ballata semplice, di una forza così evidente da non poter neppure essere sottolineata. La storia di una provincia piccola, quasi da romanzo americano, pronta ad affidare alla fantasia il compito di dare un senso alla vita, con tutte le contrarietà, i fallimenti, le
tragedie che da questo possono venire. Racconta un piccolo pezzo di storia italiana, il ponte che porta fino agli anni novanta, il cumulo di sogni infranti ed illusioni di una generazione che alle
parole dei cantanti ha creduto fino in fondo. Così Freccia, in bilico tra l’amore e l’eroina, è l’eroe
vitale che strilla nel microfono, l’eroe anche solo per un giorno che vola dritto verso il suo destino.
Non sarà denso di intriganti invenzioni visive, “Radiofreccia”, ma si fa apprezzare perché si tramuta
in storia quasi senza parere, perché come una grande vera band riunisce un gruppo di giovani attori
(capitanato da Stefano Accorsi, già nei “Piccoli maestri”) per le parti soliste, ed affida i controcanti
ad Adolfo, gestore del bar Laika, rifugio di Radio Raptus, ovvero alla sagacia ed ai motti di
Francesco Guccini, non a caso anche lui un cantante, coro filosofico, spirito allegro, burbero
censore senza età, col bicchiere di vino sempre pronto. C’è la perdita della giovinezza, e insieme
dell’innocenza, la paura del grande salto verso il futuro, le inevitabili delusioni che si provano per i
sogni non realizzati. Come in “American Graffiti”, c’è il senso di un’attesa e di una mancanza, la
grande porta da superare per entrare nel mondo dei “grandi”: il tempo, nessuno lo riporterà indietro,
neppure noi. Ampio spazio è riservato ad una colonna sonora curatissima, in puro stile anni settanta
come si conviene, che spazia dai Roxy Music ai Doobie Brothers; non semplice commento, ma
ragione di vita, miraggio da inseguire. Lo stesso miraggio che ha spinto Luciano Ligabue su e giù
da una palco, ad affittare a quattro accordi di chitarra elettrica i suoi sogni, e adesso a condensarli in
due ore di immagini. ”Radio, live transimission”, cantavano i Joy Division, in una delle canzoni che
ha trasformato gli anni settanta, e invitavano a ballare sulle onde radio. Perché chi balla, come
Freccia, può sfuggire a qualsiasi cosa. Quando il mito corre per le strade soleggiate della pianura
padana.
Radiofreccia, regia di Luciano Ligabue, con Stefano Accorsi, Luciano Federico, Alessio Modica, Enrico Salimbeni, Roberto Zibetti, Francesco Guccini; commedia; Italia; 1998; C
Voto
7+