Lagaan
Regia di Ashutosh Gowariker
Cast: Aamir Khan, Gracy Singh, Rachel Shelley, Paul Blackthorne. Produzione: Aamir Khan Productions. India 2001, C, 224'
La sfida a cricket tra contadini indiani e ufficiali inglesi nell'India di fine ottocento. Un'esplosione di colori e musica dalla quale si rimane travolti.
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Fulgido esempio di confezione “bollywoodiana” (la Hollywood
di Bombay), tradizionale e moderna allo stesso tempo, e grande successo in
patria, Lagaan è un film hindi:
ciò significa che si colloca sul versante “commerciale”, diametralmente opposto
a quello del cinema bengali, (ad esempio quello realistico-poetico e
anti-spettacolare di Satyajit Ray, autore
negli anni cinquanta della splendida trilogia di Apu).
Il film di Ashutosh Gowariker
prende avvio nel 1893 in un piccolo villaggio dell’India centrale, Champaner, dove alle sventure degli
agricoltori, vessati dalle tasse e dal clima arido, si aggiunge quella della
tirannia del perfido e borioso capitano Russell (Paul Blackthorne) che impone
al pascià – rappresentato come amico e protettore del popolo – una tassa doppia
in grano e frumento (“lagaan”, appunto). Bhuvan, giovane del villaggio, decide
che è il momento di alzare la testa e sfidare l’inglese arrogante: una sfida
personale che però si ripercuote sull’intera provincia e che prende la forma di
una partita a cricket: se vinceranno gli indiani non dovranno pagare tasse per
tre anni, altrimenti dovranno pagarne il triplo. Questa la trama principale da cui
prendono spunto la storia d’amore tra Bhuval e Gauri, l’amore per Bhuvan da parte di Elizabeth
(Rachel Shelley), la sorella buona del capitano e lo sfondo sociale (dissapori e
rivalità tra i contadini, l’insofferenza o - viceversa – il servilismo nei
confronti degli inglesi, gli interessi personali). C’è persino un candido
accenno all’ingiustizia del sistema delle caste, nel momento in cui Bhuvan ,
figura “cristologica”, impone, come ultimo giocatore della squadra di
Champaner, nientemeno che un pariah, cioè un intoccabile: una scena, davvero
commovente, supportata da intensi primi piani dei due attori.
Come in ogni spettacolo popolare che si rispetti, in Lagaan mancano le
mezze tinte: gli indiani sono gli eroi, gli inglesi i cattivi, niente sfumature
psicologiche, ogni ideologia politica si sublima nel coraggio e nella decisione
di realizzare un sogno.
Se l’ultima parte, quella incentrata sulla sfida a cricket
tra i dominatori inglesi e gli “straccioni” di Champaner suona un po’ di
importazione (da Quella
sporca ultima meta ai film “sportivi” di John G. Avildsen),
è nei numeri di canto e danza
(grosso modo uno ogni mezz’ora per un totale di sette) che Lagaan
esplode in tutta la sua gloria e gli attori – che in India spesso sono, prima
di tutto cantanti e danzatori – danno il meglio di sé. In quei momenti Bhuvan
(la superstar indiana Aamir
Khan, che è anche il produttore del film), che ha il cipiglio e la postura
d’un Victor Mature, e la dolce, petulante Gauri, emozionano e coinvolgono in
maniera totale. La bella Gauri è interpretata da Gracy Singh, altra
gloria locale, lanciata dal serial televisivo Amanat e qui al suo primo
ruolo cinematografico.
Un kolossal tutto dalla parte degli indiani – ma senza
violenza – la cui forza sta proprio nelle emozioni e nei sentimenti che, come
nelle grandi storie, varcano i confini nazionali per farsi anelito ancestrale
di giustizia e libertà riconoscibile e condivisibile da tutti.
Anche se il film è lungi dall’essere perfetto, la freschezza e l’entusiasmo con cui è stato concepito e realizzato
arrivano dritti al cuore dello spettatore e la durata di 220 minuti, che tanto
spaventava all’entrata in sala, scivola via in un attimo.
Voto
7 ½
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