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  26/04/2024 - 10:23

 

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Centochiodi
Regia di Ermanno Olmi
Cast: Raz Degan, Luna Bendandi; drammatico; Italia; 2006; C.

 




                     di Paolo Boschi


Il mestiere delle armi
Cantando dietro i paraventi
Centochiodi


Fa un po’ tristezza pensare che questa, come pare, sarà l’ultima opera narrativa del grande Ermanno Olmi, che dopo Centochiodi ha annunciato la volontà di tornare al documentario, il genere cui si era dedicato in gioventù. È triste anche constatando l’estrema sintesi di freschezza ed essenzialità che il vecchio maestro del cinema italiano mette in mostra nella sua ultima fatica dietro alla macchina da presa, capace di coniugare misticismo, senso della vita, mondo contadino, semplicità e messaggio evangelico, il tutto non necessariamente nell’ordine. Centochiodi prende avvio con una partenza da thriller, in un’antica biblioteca dell’Università di Bologna, di mattina, dove, davanti agli occhi di un esterefatto portiere, si distende una scena che pare l’opera di un squilibrato, di un terrorista oppure di un fanatico religioso: decine di antichi codici squadernati a terra o sui tavoli di lettura, tutti immancabilmente inchiodati, senza nessun segno evidente di effrazione. All’inizio delle indagini gli inquirenti brancolano nel buio, poi cominciano a ricostruire i movimenti degli studenti e dei professori, finendo per concentrarsi su un giovane docente universitario che pare essersi letteralmente volatilizzato nel nulla. Olmi ci fa seguire in modo discreto e senza spiegarci nulla i movimenti di costui, che lascia la sua bella macchina sotto un ponte ferroviario, getta da un ponte i suoi effetti personali e comincia a camminare lungo il Po, apparentemente senza meta, fino ad arrivare ad un piccolo casale diroccato sulla riva del fiume, dove si stabilisce e comincia ad intrecciare rapporti con i semplici abitanti della vicina comunità, molti dei quali cominciano a chiamarlo Gesù Cristo per la sua naturale somiglianza al figlio di Dio e per il suo modo pacato di raccontare passi biblici: sarà accolto con spontaneità e concretamente aiutato da gente comune, tra cui una commessa del forno locale – che assurge a simbolo della donna che porta il pane agli altri, e dunque la vita –, un ex muratore che fa il postino saltuario – colui che lo aiuta a costruirsi un riparo, dandogli una mano a ristrutturare la casa diroccata – ed un manipolo di vecchi frequentatori del fiume, tra cui una poetessa e un ritardato, che trovano la felicità dello stare insieme davanti ad un bicchiere di vino. Con Centochiodi l’autore di Cantando dietro i paraventi e La leggenda del santo bevitore ci ha racconta una bellissima e composta allegoria del senso della vita, una fotografia che tratteggia in toni elegiaci la vita contemporanea mostrandoci in tralice quello che potrebbe essere e quanto di quello che abbiamo perduto del passato dovremmo cercare di far riemergere, cominciando dalle relazioni sociali, perché il senso della comunità è nel contatto umano: una stretta di mano, sedersi insieme intorno ad un tavolo, aiutarsi e sostenersi reciprocamente, ballare. Tra una parabola biblica e l’altra Olmi ci regala anche un aforisma decisivo: “Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico”. Nel cast brilla un Raz Degan insolitamente intenso e composto. Da non perdere.

Centochiodi, regia di Ermanno Olmi, con Raz Degan, Luna Bendandi; drammatico; Italia; 2006; C.; dur. 1h e 30’

Voto 8 

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