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Scanner - musica
 


Eurythmics
Peace tour 99
Anne Lennox e Dave Stewart
Una sforbiciata agli scomodi legacci del tempo

 




                     di Fulvio Paloscia


A starsene più di dieci anni fermi e ritrovare i Palasport e gli stadi d'Europa stracolmi, con raddoppi di date all'ultimo momento, è cosa da grandi che non sono legati a mode, costumi e al tempo che passa. Il tour in corso degli Eurythmics sta confermando - a chi non lo avesse ancora capito, a chi confonde la loro musica con il modernariato rock degli anni Ottanta - che Anne Lennox e Dave Stewart ormai fanno parte della storia della musica: data una sforbiciata agli scomodi legacci del tempo, possono permettersi di tornare dal vivo e gridare la loro presenza, la loro rinascita a migliaia di persone, e possono persino permettersi di scuoterle e cullarle, quelle persone, con canzoni tratte da un album che deve uscire. Il lungo silenzio - colmato da pochi significativi progetti di Stewart e dai bellissimi album della Lennox - non è valso a sbiadire il loro mito, che ancora è lì, pronto ad attanagliarci, in tutta la sua semplice ingegnosità, in tutto il suo fascino ruvido e carezzevole: a Bologna, al Palamalaguti, per quasi due ore gli Eurythmics hanno strapazzato il cuore della folla - novemila persone -, sono tornati a spezzarlo con il candore di melodie semplici e strazianti , o con la pelle nera di rockacci venati di blues: Stewart è tornato a incantare con la sua chitarra di inglese che adora Stones e soul frullati insieme, che sa graffiare e cesellare; dopo il pop sofisticato degli album solisti, i camuffamenti camp e la devozione nostalgica al passato, Annie Lennox ha rispolverato la grinta raffinata di quando indossava cappotti di pelle nera, reggiseni e stop. Di quando, dopo un passato algido d'elettronica , scopriva il calor nero di Tina Turner . La voce di Annie Lennox è ancora meravigliosa: è l'incrocio tra la vocalità eccelsa delle dive dalla pelle bianca - Mina o Barbara Streisand fa lo stesso - e quelle black, è ancora fresca, giovane, refrattaria all polvere e alle incrostazioni del tempo (e che tutto il tour giochi alla "negritudine" della musica è dimostrato dalla netta prevalenza di persone di colore, a cominciare dalle tre coriste Claudia Fontaine, Beverly Skeete, Faye Simpson). E lei, la signora Lennox, quarantacinque anni e due figli, è ancora bellissima da abbacinare: piccola sul palco spoglio (unica scenografia un fondale-schermo dove vengono proiettate le immagini dello spettacolo carpite in diretta), con la sua mimetica da donna di guerra ( tutto il tour è una sorta di " offensiva di pace " in nome di Greenpeace e Amnesty International : alle due associazioni saranno devoluti gli incassi ) e i suoi occhiali scuri dai quali non si separa mai. Il concerto decolla subito, fin dagli esordi della scaletta, con Missionary man, Thorn in my side, When tomorrow comes; raggiunge il suo apice quando le immagini proiettate diventano in bianco nero, con tanto di "effetto invecchiamento" a renderle simili ad un reperto d'epoca: è il momento di un set acustico dove I love you (like a ball and chain), Would I lie to you, Sisters are doin' it for themselves si intersecano l'una all'altra in un crescendo da manuale; e ancora risbucano fuori i gorgheggi pop di There must be an angel, la soffice levigatezza di The miracle of love e poi, nei bis, mentre la scena si riempie di alberi necrofori, Here comes the rain again, Why (unica concessione alla Lennox solista) e Sweet Dreams. Incastonate tra le perle di un tempo, alcune anteprime dal nuovo aclbum Peace , che sarà nei negozi di dischi il 15 ottobre: I saved the world today, Seventeen again (la canzone "autobiografica" del duo, quella che racconta la storia del gruppo e il nuovo incontro) e la stessa Peace annunciano un album intenso, pensoso come sono questi anni. E, perché no, persino sofferto.

Voto 10 

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