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  28/03/2024 - 09:56

 

  home>musica > cult

Scanner - musica
 


Cranberries
Bury the hatchet
[Island 1999]

 




                     di Paolo Boschi


Torna la band dei “mirtilli rossi” con un disco che ricompone le venature tristi e cupe del loro passato recente, sia musicale – ascoltare in merito No need to argue del 1994 e To the faithful departed del 1996, a tutt’oggi l’ultimo album pubblicato dai Cranberries – che personale – il riferimento è soprattutto alle vicissitudini medico-psicologiche attraverso le quali la cantante Dolores O’Riordan è dovuta passare –. Tutto sembra finito, comunque, e il gruppo di Limerick lo testimonia con un disco solare che, fin dal titolo, invita a “sotterrare l’ascia”: un’offerta di pace insomma, che li riconcilia con un passato nel quale si vociferava perfino di un loro possibile scioglimento. Rispetto ai due album precedenti Bury the hatchet scioglie i legami del gruppo con la new wave, mentre si accentuano decisamente le esercitazioni in direzione pop rock, col folk come genere di contaminazione costante nel loro repertorio. Questo nuovo senso di ridente freschezza e solarità lo si avverte fin dalle prime note di Animal instinct, il pezzo apripista della scaletta dei quattordici brani complessivi, o nel movimentato singolo Promises, delicatissimo nella verve di stampo rock che lo contraddistingue. Decisamente riuscite anche le canzoni più introspettive e personali, come You and me, la bella Saving grace, Desperate Andy – una ruvida ballata rock di grande impatto emotivo –, l’intensa What’s on my mind e Dying in the sun – dominata dalla straordinaria voce della O’Riordan, semplicemente toccante nella sua intensità –. E sono sorprendenti anche i pezzi di marca più strettamente rockeggiante, come Loud and clear e la ridente Copycat. La cosa più difficile sembra insomma tracciare indicazioni di priorità all’interno di Bury the hatchet, un disco che sembra non vivere mai momenti di pausa artistica. Album notevole.

Cranberries, Bury the hatchet [Island 1999]

Voto 7½ 

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