L'idea è buona e ci riporta, per certi versi, ad alcune sperimentazioni degli anni Ottanta, ma alla fine il gioco techno narrativo prende il sopravvento sulla drammaturgia. Che, per quanto volutamente minimale e istintiva, potrebbe essere, almeno in certi momenti, rafforzata. Stiamo parlando di Never keep souvenirs of a murder (ovvero, alla lettera, mai conservare souvenirs di un omicidio) proposta dagli Zimmer Freial Teatro Studio di Scandicci,
nell'ambito del festival ARTPORT, venerdì 21 e sabato 22 settembre 2001.
Nonostante la premessa, diciamo subito che il lavoro ci è piaciuto. E che, con qualche piccolo ritocco (- volumi, + calore nella parte recitata), la performance potrebbe essere ancora più convincente. Del resto il gruppo teatrale con il suo lavoro interdisciplinare, fra video, danza e prosa, ha conquistato la direzione artistica del festival Riccione TTV convincendola a coprodurre questo loro nuovo spettacolo:
Per seguire lo spettacolo i normali spazi fra attori pubblico sono sconvolti: ci si siede in mezzo, a metà strada fra due immaginarie stanze d'albergo. Una è abitata da una giornalista, l'altra da una donna armata e in fuga. Never keep, seguendo la pista sottile dell'intreccio fra passato e presente, propone una sorta di visione trasversale (e concentrata) del noir cinematografico. Le due attrici in scena (Anna de Manincor e Anna Rispoli) sono immagini speculari di uno specchio delle emozioni, ma largo spazio viene lasciato anche alla narrazione video, che si trasforma in protagonista, insieme alle due attrici. Sono le immagini video a integrare la narrazione, spostando di continuo il piano temporale, mostrando le cose sempre da un preciso punto di vista. Ne viene fuori una partitura intrigante, giocata dentro e fuori della scena, dentro e fuori dei personaggi. Never keep riesce insomma, in maniera piuttosto convincente, a combinare l'effetto dello spettacolo teatrale con l'illusione dell'opera audiovisiva, dichiarando assonanze, contaminazioni e filiazioni con il cinema noir e, con una certa estetica da linguaggio fotografico. Sulla scena le due attrici dialogano (e integrano) le immagini proiettate dall'installazione video su pareti opposte. La caratterizzazione è completata dalle interessanti trame sonore elettroniche create da Massimo Carozzi, che danno densità e ritmo all'azione scenica.
Voto
7½