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Wordstar(s)
Di Vitaliano Trevisan
Regia Giuseppe Marini. Con Ugo Pagliai, Paola di Meglio, Alessandro Albertin e con Paola Gassman. Foto di Mario Sec
Una produzione del Teatro Stabile del Veneto dall'8 al 20 gennaio 2013 in scena al Teatro Vascello di Roma (Via Giacinto Carini 78 _ Zona: Monteverde)

 




                     di Giovanni Ballerini


Dal computer alla scena per una nuova drammaturgia che riscopre il contemporaneo e osa narrazioni singolari e a più strati per offrire alla scena teatrale altri (e sferzanti) stimoli. E’ il caso di Wordstar(s) di Vitaliano Trevisan, una intensa produzione del Teatro Stabile del Veneto, che dall'8 al 20 gennaio 2013 va in scena al Teatro Vascello di Roma, diretto da Manuela Kustermann.
" WordStar, il più diffuso programma di scrittura prima dell’avvento di Microsoft Word. Niente più stelle, solo parole – spiega Vitaliano Trevisan -. Allo stesso modo, come un programma di scrittura ormai obsoleto, si spegne un vecchio scrittore, Samuel – direttamente ispirato alla figura e alla biografia di Samuel Beckett –, incalzato dal ricordo della moglie e dell’amante, entrambe inaspettatamente morte prima di lui, e tormentato dalla presenza del direttore di una rivista di studi a lui dedicata, che cerca di carpirgli un’ultima illuminante dichiarazione".
Wordstar(s) è il titolo della trilogia teatrale (raccoglie i tre drammi  “Scandisk”, “Defrag” e “Wordstar(s)”) di Vitaliano Trevisan edita da Sironi Editore. Quello che vedremo in scena è il terzo dramma, “ Wordstar(s)” appunto, un testo importante – lo definisce il regista Giuseppe Marini - a suo modo, un classico. In primo luogo per la sua qualità meta-testuale e metadrammatrica, capace di fare del medium usato il proprio tema e la propria narrazione. Il linguaggio e la scrittura diventano, in modo autoriflessivo, materiale del racconto, la forma stessa diventa sostanza narrativa. In scena, con Ugo Pagliai che ha immediatamente creduto nel progetto abbracciandolo col coraggio e la spericolatezza, Paola Gassman, Paola di Meglio e Alessandro Albertin.
"Un programma di scrittura, peraltro ormai obsoleto)lavora un sottotitolo, altrettanto suggestivo: ritratto di scrittore come uomo vecchio (mi è parso subito il titolo di un quadro di Francis Bacon e questa forte suggestione non ha mancato di reclamare  i suoi diritti e le sue urgenze in sede scenografica, nei costumi, nell’uso della luce e del colore,  appunto, alla Bacon) – osserva Marini -. Ma è la scelta dello scrittore a chiudere coerentemente il cerchio di questa profonda meditazione sulla scrittura. E quale altro scrittore se non Samulel Beckett, che ha dedicato (sacrificato) l’intera esistenza alla sua irriducibile ossessione per il linguaggio e che ha  spinto la letteratura e il teatro al limite delle loro (im)possibilità espressive, portandole al collasso per usura. Lo scrittore che, partendo dal presupposto che l’immaginazione è morta e la vena creativa esaurita, corteggia l’idea della fine della letteratura e della parola che si stempera nel silenzio da cui trae origine e a cui vuol fare ritorno. Lo scrittore più fedele all’idea dell’arte come fallimento inevitabile  (essere artista è fallire – scriveva – così come nessun altro ha il coraggio di fallire o ancora nessuna capacità di esprimere… insieme all’obbligo di esprimere)”.
Wordstar(s) narra gli ultimi giorni - o forse ore - di vita del grande scrittore, colto nella sua quotidianità comicamente scandalosa. La vertigine del pensiero e il  tormento creativo dell’artista si coniugano con la  tragicomica goffaggine dell’uomo, letteralmente in mutande, e di un corpo, cervello compreso, che va  in malora e che impedisce le più elementari attività quotidiane, come tagliarsi le unghie dei piedi. Al flusso monologante del protagonista fanno da  contrappunto le due figure femminili di Suzanne e Billie – la moglie e l’amante - che nel loro chiacchiericcio post mortem, logorroico e delirante, sembrano proprio due creature beckettiane nel loro teatrino.

Voto 8 

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