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  19/04/2024 - 16:45

 

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Teatro delle Albe
Stranieri
Di Antonio Tarantino, regia Marco Martinelli
Con: Luigi Dadina (un uomo), Ermanna Montanari (sua moglie), Alessandro Renda (suo figlio) . scene e costumi: Enrico Isola, Ermanna Montanari . assistente scene e costumi: Claire Pasquier . progetto luci: Vincent Longuemare, foto di scena Claire Pasquier

 




                     di Tommaso Chimenti


Lo straniero che sta fuori di noi è un pretesto, un vetro, sporco, opaco e dai mille riflessi annebbianti e confondenti come luci stroboscopiche, dentro il safari al nostro interno. E l’Uomo medio (un Luigi Dadina esorbitante e possente) del testo di Antonio Tarantino lo scopre a suo discapito. Non basta pagare le bollette, non basta essere un brav’uomo (che cosa significhi poi oggi essere una brava persona?), non basta fare la raccolta differenziata. Etica e morale che cosa sono diventate? La coscienza bussa ed ha le sembianze della moglie, defunta e maltrattata (gigantesca come sempre Ermanna Montanari, presto nel ruolo dell’Avaro di Moliere), e del figlio che abita lontano. Siamo estranei anche al sangue del nostro sangue. Siamo “Stranieri”. Siamo votati alla sconfitta. Siamo dighe con mille crepe da ripianare, colmare con la malta dei giorni e il cemento della sofferenza, e che, comunque, inevitabilmente, porteranno a valle detriti e ruggine, rabbia compressa e insoddisfazione. Siamo Vajont. Invidiamo lo straniero che arriva perché affolla le nostre vie che noi abbiamo abbandonato per salotti anestetizzati ed anestetizzanti, riempie le piazze con la vita, gli schiamazzi, la linfa, la carne, il suo esserci senza rintanarsi. La televisione, il frigo pieno ci hanno lobotomizzato. Lo straniero non ha altro luogo per sentirsi, per riconoscersi, proprio nell’attimo della tana e del rifugio per i “normali”, per gli integrati, per chi non ha problemi forse perché ha smesso di farsi domande. Il mondo è trasversale, la nostra realtà multifaccia, siamo montagne di selce a strati, dura e friabile allo stesso tempo, una pentola dove il buono ed il giusto si sono mischiati indissolubilmente con lo sbagliato ed il conveniente, con la soddisfazione dell’ora e del qui, del presente, con la paura del futuro e la conservazione della specie, del proprio clan. Il box-loculo delle Albe è lo stesso di “Sterminio”. E questo “Stranieri” ne potrebbe essere un prequel, o una sua sottotraccia, all’interno dello stesso condominio. Un palazzo- Italia chiuso, impoveritosi nel suo barricarsi, fucile spianato a difesa dell’orticello. Ma non si può fermare il vento, gli spifferi passano sempre da sotto le porte. Non si possono bloccare tutte le frontiere, controllare tutte le onde del Mediterraneo. Insomma, uno scoglio non può fermare il mare. La libertà allora diventa un’autoprigionia, le catene una scelta volontaria, a patto che il mondo là fuori non faccia troppo rumore. “Finché sto chiuso qui dentro sono salvo”, dice tra l’orgoglio e la rivincita. Ormai abbiamo tutto quanto dentro che è inutile cercare fuori ed anche i bisogni indotti non hanno fatto altro che azzerare i desideri rendendoli innocui nella loro impotenza. Non abbiamo più voglia di avere voglia. Da qui le repressioni sessuali. Ma i morti, le ombre, i problemi interiori irrisolti continuano a bussare insistentemente alla porta del sonno, del sogno, degli incubi. Vite per le quali la morte è l’ambizione finale di una liberazione completa per chi si è sempre sentito assediato. Dall’altra parte ci facciamo forti della scienza, del progresso, per continuare in eterno un’esistenza di resistenza senza conoscere il nemico che combattiamo, che non riusciamo a distinguere perché ha i nostri stessi tratti somatici. Abbiamo paura della morte proprio perché troppo attenti e concentrati sulle cose che abbiamo, che possediamo e che, invece, infine, ci posseggono. La ricerca di pace e tranquillità, di serenità si esplica in voglia di silenzio. Ma anche il silenzio fa rumore, è assordante se dentro i fantasmi rimbombano con il loro eco di domande che rimbalzano. Non basta fare il proprio dovere. Qual è il dovere di ogni uomo? Non può essere solo salvarsi, che l’inizio e il finale sono già scritti. C’è da inventarsi l’intermezzo. E’ quello il paradosso, l’ossimoro, il difficile.

Voto 8 

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