Lo
scantinato del Teatro Puccini di Firenze accoglie una cinquantina di
spettatori che in fila indiana, forse un po’ preoccupati, s’incamminano: il
teatro è deserto, le assi scricchiolano, si sale sul palco, si lasciano i
cappotti, si scendono le scale.
Le “catacombe” del teatro fiorentino, siamo proprio dietro il palco e sotto le quinte, in uno spazio
angusto totalmente bianco, sono lo scenario del nuovo progetto del regista
Antonio Susini e della sua “Nuova Compagnia di
Prosa Città di Firenze”: “Serial killer” che sarà protagonista con altri
quattro appuntamenti, il 16, 17, 20 e 27 febbraio 2005.
Due
giovani
attori, Cristiano Ricci e Niccolò Turchini, si muovono sul piccolo palco
girevole al centro della scena ed il classico rumore del motore che aziona la ruota sottostante i piedi degli interpreti dona al
pubblico quel senso di precarietà e di vicinanza al terrore, conferendo
suspense ed un brivido sulla schiena, visto anche il freddo che fa nello
stanzino.
I
due accolgono immobili gli spettatori illuminati dalle luci, poste in basso, di
Luca Bramanti.
L’incontro
e lo scontro sono nell’aria: un giovane scrittore a
confronto con un serial killer in manette capace di oltre quattrocento barbari
omicidi a sangue freddo, che ricorda molto “Il silenzio degli innocenti” senza
però la carica emotiva e psicologica di Anthony Hopkins alias Hannibal Lekter.
Due
i salti sulla sedia che all’improvviso fanno calare la paura tra la platea e
ridestano l’attenzione.
I
colpi di teatro sono nell’aria, anticipati dalle musiche alla
Dario Argento< di Alessandro Luchi, mentre sul
finale il linguaggio del testo (sinora poco
rappresentato) di Marco Palladini, a dir poco colorito, giustifica a ragione il
divieto alla visione ai minori dei 18 anni: sangue, sesso e tutte le peggiori
attività criminali, compreso il cannibalismo, lo stupro ed ogni genere di
violenze, sono gettate in pasto allo spettatore, in faccia ad una platea
inorridita, quasi giuria popolare al processo del mostro di Millwakee.
Tre
quarti d’ora per cuori saldi e stomaci pronti a tutto, due facce della stessa
medaglia, alla fine si scopre che i due sono vestiti alla stessa maniera, di
questa nostra società malata e patologica, intrisa di violenze, espresse o
represse, estroverse o intime, fatta di possibili,
potenziali criminali che, a volte, esplicano la loro voglia di morte contro
altri simili, mentre nella maggior parte dei casi si limitano ad auspicare,
augurare, desiderare il male altrui, senza muovere alcuna arma, più per viltà o
perbenismo benpensante che per rispetto della vita.
Voto
6,5