In apnea, Teatro Sotterraneo, 2005
Uno – Il corpo del condannato, Teatro Sotterraneo, 2006
Tilt, Teatro Sotterraneo e la regia di Jillian Keiley, 2006
Post It, Teatro Sotterraneo, 2007
La Cosa 1, Teatro Sotterraneo, 2007
Suite, Teatro Sotterraneo, 2008
Dies Irae, Teatro Sotterraneo, 2009
Il Re è morto, viva il Re. Tutto muore proprio perché è vivo. Il messaggio è di
speranza, verde e positivo, fresco come i fabulous
four (+ uno). Ogni cosa si spezza, si sciupa, si sporca,
si rompe, finisce, si sgonfia. E’ la vita che è morte
o è la morte che non esiste senza vita. Anzi la morte è
paradossalmente il punto, l’ultimo, l’estremo, della vita. La parola
fine del romanzo che comunque occupa, ha un posto ben
definito nell’ultima pagina. L’ultima creazione, perché di questo si tratta,
non performance né piece né spettacolo né show ma idea e progetto messo in
essere, dei Sotterraneo, “Post It”,
veleggia sullo sdrucciolevole impianto concettuale della fine spruzzato di leggera, velata e soffice ironia. Il
terreno è pericoloso, per contenuto e per scelta stilistica, ma il collettivo fiorentino riesce con equilibrio da surfisti a
destreggiarsi con cura, a rimanere, ritmati e felicemente scanditi, appesi al
filo del gioco strutturato in caselle cesellate di trame ed orditi ben
confezionati ed al contempo semplici e diretti. Il filtro è talmente ricamato
da pizzi espressivi che finisce per risultare trasparente,
carta velina, un “pizzino” che ci instrada senza strizzate d’occhio. C’è
la materia e c’è il sogno, spot da metafisica dechirichiana
ed un continuo gioco sotteso instaurato tra pubblico e attori sulla lama
scivolosa in bilico tra verità ed inganno svelato, tra le falsità vere e le
realtà montate ad arte. La scena è una sezione di cubo, quella del logo, vivisezionata
da imeni e sottili aperture, tagli alla Fontana. E’ il divenire e la
trasformazione, in uno scorrimento rapido di vuoti e pieni, di dentro e fuori,
di entrare ed uscire in coreografie sincronizzate, di pezzi e spezzoni, di
teste e corpi, di scissioni e dimenticanze. Una messinscena saldamente politica,
e frustante, quando, esilarante e grottesco, scuola Kinkaleri e
frammenti di Sagna, un corpo dietro le quinte
viene dilaniato da una bomba a mano- segno dei tempi- tic tac della modernità.
Frattaglie ed interiora, Iraq, Afghanistan o Palestina, volano sul pavimento
mentre con cadenza tutta burocratico militaresca e
rassicurante, impasto guerreggiante e televisivo, politicamente corretto,
convincente ed equidistante, si camuffa la morte, che di per sé è semplice e
pulita, con mille nuvole alchemiche dialettiche e menzognere. Si continua a
ridere di gusto con la gag del morto che imbecca il
discorso di commiato ad un parente piangente come suggeritore nella buca
teatrale nella finzione della rappresentazione rituale. Tutto è rifiuto, tutto è destinato a finire. Quindi
a continuare.
Voto
8