Fabbrica Europa 2004
Andres Morte
International Fabbrica For Choreographers
Christian Rizzo
Silvia Guidi
Carlos Augusto “Cacà” Carvalho
Roberto Castello
Compagnia Verdastro - Della Monica
Fabbrica Europa 2003 teatro, danza, arti visive
Fabbrica Europa 2003 musica
Fabbrica Europa 2002
Fabbrica Europa 2001
Fabbrica Europa 2000
Fabbrica Europa 1999
Fabbrica Europa 1998
Fabbrica Europa 1997
Tre novelle noir di Pirandello rimodellate dalle spiccate
doti sceniche di questo grande attore sudamericano: Cacà, non il giocatore del Milan con le kappa da duro, Carvalho. I piedi sull’erba”, “La carriola” e “Il soffio” con il
filo conduttore di quella poltrona scura, nel titolo ed al centro,
irremovibile, della scena cupa.
Seconda prova italiana per il monologhista verde oro, già
in Italia nel 2002, sempre diretto da Roberto Bacci, uno dei curatori e
direttori responsabili di “Fabbrica Europa” nonché regista e direttore
artistico di Pontedera Teatro, con
la piece “L’uomo dal fiore in bocca”, sempre di Pirandello, che fu presentato
all’Università di Roma in lingua portoghese.
E’ l’anno del Brasile: Gilberto Gil a Sesto Fiorentino in
“Sestante 2004”, “Intercity
Sao Paolo” a cura del Teatro
La Limonaia di Sesto Fiorentino.
L’attore brasiliano riesce con mutevoli alchimie a cambiare registro e forza, potenza poetica delle parole,
sempre sospeso tra il pianto ed il riso, la sofferenza e l’allegria, il terrore
ed il dilanio interiore, il dramma e l’amaro. La comicità surreale e grottesca
dei testi dell’autore siciliano hanno trovato un degno propositore.
Un’ora e mezzo di grande teatro, da sbrilluccicarsi gli occhi, da spalancare le pupille e le mascelle, roba da
sorridere nelle lacrime, abbuffarsi di parole, cibarsi delle atmosfere,
rincorrere le emozioni, cavalcare la tigre magica del groviglio di sensazioni
create. Chiudendo gli occhi sembra di
sentire la calata amazzonica di Barrichello
e Ronaldo.
Voce baritonale, profonda per approfondire il tema della maschera e dell’uno, nessuno e centomila,
dell’essere e dell’apparire, la follia che si cela nella normalità, il normale
che esiste solo sulla carta.
“Da vicino nessuno è normale”
canta Piero Pelù.
Nel primo testo un vecchio marito
perde la moglie e si ritrova niente, sospeso tra la vita, passata, costretto
comunque a viverla, senza gioia né prospettive future, senza obiettivi nel
tunnel nero della senilità che l’avviluppa, immerso nella rabbia e
nell’impotenza, nella sensazione di vuoto, insoddisfazione, l’inutilità del
ciclo della vita. La morte è tale solo per chi
rimane.
Nel secondo lo sdoppiamento, di
un avvocato di grido, marito irreprensibile, padre amorevole, maschera di se
stesso, che provoca la perdita del sé. Cade la maschera schizofrenica,
il guscio si rompe increspandosi, l’odio cresce per ciò che
è divenuto, soltanto parente lontano di ciò che era e di quello che avrebbe
voluto essere. Nemico di se stesso, lotta da “Fight Club”, rifiuta i doveri
imposti dall’esterno e le responsabilità, non scelte, da assolvere, la società,
l’onore, la ricchezza, l’apparenza, il ruolo, l’immagine.
“Conoscersi è morire, mi cerco e
non mi trovo”. Nel terzo è la perdita del senso
della vita altrui ad alimentare il più divertente degli episodi:
improvvisamente un dono- sortilegio- magia bacia il nostro uomo.
Con un semplice soffio può
uccidere: che fare, fermarsi o continuare quel crudele gioco di morte
onnipotente, nutrire quel senso di vendetta compiaciuta?
“Che cos’è la vita? Un soffio”.
Fantascienza alla Asimov. Esplosivo.
Il finale commosso si scioglie in
un sofferto, sudato, vero, pieno “Muy obrigado” che chiude la scena tra
applausi senza posa.
Voto
8