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  24/04/2024 - 14:40

 

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Non si uccidono così anche i cavalli
Di Horace McCoy
Produzione Fondazione Teatro Due, traduzione e adattamento Giorgio Mariuzzo, regia Gigi Dall’Aglio, con Roberto Abbati, Alessandro Averone, Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Cristina Cattellani, Ambra Chiarello, Laura Cleri, Andrea Coppone, Paola De Crescenzo, Massimiliano Frascà, Francesco Gabrielli, Luchino Giordana, Francesca Lombardo, Michela Lucenti, Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Emanuela Serra, Giulia Spattini, Chiara Taviani, Nanni Tormen, Marcello Vazzoler, Chantal Viola, adattamento musicale Gianluca Pezzino, luci Luca Bronzo, scrittura fisica Michela Lucenti
Prima nazionale 14 gennaio 2012, repliche fino al 5 febbraio 2012 al Teatro 2 Viale Basetti, 12/a, Parma

 




                     di Giovanni Ballerini


Nel 1969 Sydney Pollack realizzò un film mitico, che venne presentato fuori concorso al Festival di Cannes nel 1970 e fu premiato con un Oscar per il miglior attore non protagonista. Stiamo parlando di Non si uccidono così anche i cavalli ? che viene riproposto, come nuova produzione di Fondazione Teatro Due, grazie all’incontro dei due nuclei artistici dell’Ensemble Attori Teatro Due e di Balletto Civile, che rileggono in chiave teatrale l'omonimo romanzo di Horace McCoy (They Shoot Horses, Don’t They?) del 1935, grazie all’adattamento di Giorgio Mariuzzo. Lo spettacolo, con la regia di Gigi Dall’Aglio e la scrittura fisica di Michela Lucenti, debutterà a Parma a Teatro Due il 14 gennaio 2012 e proseguirà in replica fino al 5 febbraio, sempre alle 21, la domenica alle ore 16, con riposo il lunedì.
Sulla pista da ballo, circondati dagli spettatori venuti per seguire la maratona, 22 performer e un quartetto di musicisti si esibiscono insieme in uno spettacolo corale, in cui i corpi, con la loro fatica, la loro sofferenza, la loro verità sono la scena. Lo spettacolo, che può essere letto anche come evocazione della crisi e dei tagli alla cultura, si trasforma in uno spettacolo che vede in scena tutte le energie artistiche possibili, con più di trenta persone coinvolte e con la forza di un testo mai rappresentato in Italia.
Nella California dei primi anni ‘30, è in voga un genere crudele di spettacolo: maratone di ballo durante le quali coppie di giovani disperati senza lavoro ballano per giorni interi, attratti dal premio in denaro a chi resisterà di più, dalla possibilità di farsi notare da qualche produttore cinematografico e teatrale, dal vitto e l’alloggio assicurati per qualche tempo (le sessioni di ballo potevano durare settimane). Un vero e proprio gioco al massacro, che portava i concorrenti fino ai loro estremi limiti fisici e psicologici e al completo esaurimento, al punto da continuare in uno stato di semi-coscienza, sostenendosi l'uno al corpo dell'altro, senza riuscire a riposare davvero durante le brevi pause in uno squallido dormitorio, mentre i pasti venivano consumati direttamente sulla pista da ballo.
“Ecco come la salutiamo la depressione! Dateci sotto gente, diamo il via alle danze!” annuncia con incalzante cinismo il presentatore della serata. Ecco come provavano i giovani americani all’inizio dello scorso secolo a emergere delle difficoltà economiche e a penetrare il mondo dello spettacolo; come oggi, non avevano nient’altro che la propria gioventù, il proprio talento, la propria vita da offrire allo sguardo, al voyerismo del pubblico. Così, raccolti come animali nella pista da ballo (oggi facilmente uno studio televisivo), i miseri concorrenti cercavano di scalciare via la crisi, di salutare la depressione, provando disperatamente ad essere più forti, più giovani, più inarrestabili di lei. Seguendo le misere vicende di alcune coppie, lo spettacolo nello spettacolo diviene un emblematico ritratto della contemporaneità, uno specchio, solo un poco antichizzato, delle tendenze mediatiche più degenerate dell’oggi. In scena si consumerà il dramma di una generazione che non ha più nulla da perdere, sfruttata da una società dello spettacolo in cui l’amore, la vita e la morte vissute in diretta sono date in pasto allo sguardo avido di un pubblico senza più alcuno scrupolo.
Un talent/reality show ante litteram, in cui i partecipanti, ieri come oggi, inseguono l’illusorio, effimero sogno della fama, e del denaro facili, rinunciando alla dignità e all’intimità. Nella speranza di un futuro dorato, sacrificano sull’altare del successo i sentimenti più privati, la genuinità delle proprie emozioni, lasciando dietro di sé chi non tiene il passo e intralcia la lunga danza verso la notorietà e i mille dollari in contanti. Con tutti i mezzi e le risorse possibili, leciti o meno.
“Teneteli in movimento, la commozione non è una buona ragione per fermarsi, perché gira, gira, gira, continua la girandola infernale!”

Voto 7 + 

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