I Negri, di Jean Genet
Regia di Antonio Latella
N.T.N. Nuovo Teatro Nuovo, Teatro Garibaldi, costumi Cristina Da Rold, disegno luci Giorgio Cervesi Ripa
Al Teatro Studio di Scandicci, venerdì 14 marzo 2003
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Due giornate dedicate a
Genet al Teatro Studio di Scandicci, dopo
l’incontro “Jean Genet, un
intellettuale scomodo”, con Brunella Eruli, Armando Punzo Direttore artistico
di Volterra Teatro Festival e
Regista della Compagnia della
Fortezza e Tommaso Taddei della Compagnia Gogmagog, venerdì 14 marzo 2003
N.T.N. Nuovo Teatro Nuovo & Teatro Garibaldi - Teatro d'Europa propongono
al Teatro Studio “I Negri” per
la regia di Antonio Latella, la seconda riflessione del regista (Premio
speciale Ubu 2001) su Jean
Genet (la prima era Stretta
Sorveglianza, scritto da Genet in carcere
nel 1945, la seconda è Querelle). Al fianco di Latella in questo spettacolo ci
sono, come assistente alla regia Federico Bellini, aiuto regia Tommaso Tuzzoli,
costumi sono di Cristina Da Rold e il disegno luci Giorgio Cervesi Ripa. Si
tratta di una delle opere rivelazione della stagione, uno spettacolo shock, che
entusiasma e scandalizza. Quella di Latella è una rivoluzionaria messinscena
che mantiene alta la tensione, esalta la provocazione di un testo di per sé
coinvolgente, spiazzante, di grande energia e fisicità. Non poteva che essere
così, vista l’intensità
“maledetta” dell’opera di Genet.
Latella la propone come un funerale festoso, un carnevale a lutto, una danza
primitiva dei corpi che si ribellano a ogni forma di costrizione, perdendosi in
caos provocatorio, in un fiume di parole varcato da una corrente dionisiaca, in
uno spazio mentale dove si esplorano i confini estremi tra verità e
rappresentazione. Il palcoscenico si
trasforma nel luogo dove la totale libertà espressiva dà vita a uno spazio
della non recitazione: gli attori e il ritmo diventano protagonisti, tamburi
che battono il tempo, il ritmo emotivo sulle tavole del palcoscenico. Il
risultato è la tribalità espressa da corpi che si ribellano ad ogni forma di
costrizione. Tutto diventa rito, che comincia con l’affluire del pubblico. Gli
attori vengono chiamati ad aderire il più possibile al gioco del teatro nel
teatro, come dice Genet:
“Tu devi essere l’immagine che sei, devi essere il prete, la puttana, lo
specchio o gli specchi, il sacrificio rituale.. devi crederci, devi danzare
sulla strada. Il teatro è una esagerazione, al di fuori di ogni figura mentale,
è una metafora della vita, una metafora paradossale”..
Voto
7
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