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  19/04/2024 - 18:21

 

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Teatro delle Albe
Detto Molière
Regia Marco Martinelli, musiche originali: Eloi Baudimont . spazio, luci e costumi: Enrico Isola, Claire Pasquier musicisti: Marti Melia, Thomas Giry, Nico Roig . consulenza storica e discussioni su tutto: Gerardo Guccini . in scena: Alessandro Argnani, Jean-Claude Derudder, Alain Eloy, Hippolyte Eloy, Matteo Fournier, Lindsay Ginepri, Roberto Magnani, Mélissa Pire, Viviane Thiébaud, Guillaume Verstraete gli allievi del Conservatoire Royal de Mons Aubeline Barbieux, Christophe Canu, Laure Cecilio, Mathilde Goeris, Sophie Guisset, Lionel Liégeois, Mathieu Moro, Anaïs Pellin, Jonathan Robert, Mélodie Valemberg, Marie Vanrossomme e 15 adolescenti di Mons
Visto a Vie Festival a Modena il 16 ottobre 2010

 




                     di Tommaso Chimenti


Si parla tanto del patto tra generazioni, della mano tesa tra gli anziani, i saggi, ed i giovani. Non ci sono più i giovani di una volta, si dice ogni venti-trent’anni. Ai nostri tempi. E sospiri e lamentazioni e nostalgia da vendere. Si stava meglio quando si stava peggio. Già. L’imposizione e l’autorità hanno sempre portato ben pochi benefici, più che altro frutti marci prima di sbocciare, di germogliare, ma l’imitazione positiva resta la migliore educazione. Le Albe, e Martinelli, si sono chiesti come il genio possa uscire fuori dai gangli, dagli schemi, come si può diventare Molière. Ci vuole l’abitudine al bello, alla visione ed alla condivisione, al sentire, al non sentirsi infinitesimali e inutili, a sentirsi parte dell’Umanità, di un processo più ampio da cogliere, da vivere attivamente. Qui la figura del nonno, un po’ visionario un po’ stralunato, è centrale, fondamentale: fu lui infatti che portò fin dalla più tenera età il piccolo Jean Baptiste a teatro, all’Opera. In un remix ritmato a tempo di musical travolgente e coinvolgente saltellando tra alcune piece moleriane le Albe, qui sulla scena in quaranta ragazzi belgi e italiani, la vita del piccolo, che poi sarebbe stato il grande autore francese, si svolge tra un ring gigantesco da wrestilng in una confusione punk-rock da videogioco scorrendo nel video alle spalle i vari “level” raggiunti, in definitiva la crescita, l’età che si fa più matura. E’ il linguaggio dei giovani, nel quale bisogna immergersi per capirli, senza rimanere puliti sull’altra sponda del fiume a giudicare, indicandoli con disprezzo. Il giovane Moliere è come Gesù tra i saggi, i dottori, e riesce ad essere anche Masaniello, trascinando e convincendo con la sola forza del comportamento, tutti gli altri bambini in questa rivolta festosa, in una rivoluzione scatenata, allegra, anche arrabbiata, in un mondo-palestra dove ci si allena sbagliando, dove si prende posizione, si gioca alle bande, alle alleanze. In questo ricorda “Il Signore delle mosche”, nei duelli e combattimenti. E’ un Piccolo Principe che ci mostra un’altra via, che i ragazzi non sono per statuto stupidi, come è facile e semplice pensare, lamentandosi dei tempi andati. E’ il pubblico il malato immaginario scappato dall’ospedale psichiatrico in questo concerto di inizio millennio. Siamo noi che dobbiamo tornare a studiare, a sentirci bambini, vivi. A giocare, nuovamente.

Voto 7 + 

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