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  26/04/2024 - 23:53

 

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Compagnia Krypton
Uno, nessuno e centomila
Di Luigi Pirandello, regia Giancarlo Cauteruccio. Adattamento teatrale di Giuseppe Manfridi. Con Fulvio Cauteruccio, Alessia Innocenti, Laura Bandelloni. Voci off di Irene Barbugli, Roberto Gioffré, Riccardo Naldini, Carlo Salvador, Tommaso Taddei.
Prima nazionale al teatro Studio di Scandicci dal 14 al 22 marzo 2009

 




                     di Tommaso Chimenti


Operiamo un ribaltamento. Cerchiamo una rivoluzione, che non funge da soluzione che il problema è ancora aperto, alla classica e semplice definizione del romanzo pirandelliano.

In questo ci dà sicuramente una grossa mano l’inventiva e la copernicana fantasia cauterucciana, visionaria in questa scalinata nera da varietà senza spettatori, da avanspettacolo con le sedie vuote dove mette in mostra un Moscarda (un impressionante Fulvio Cauteruccio, sempre esposto al palco, incandescente nel suo fiume di parole; carichi i colloqui con il cane e il kafkiano incontro con lo scarafaggio) che più che diviso tra l’essere se stesso e la molteplice visione psicanalitica del sé, punta più la propria messinscena con una virata di coda, studiata e metodica, verso il dominio, e il conseguente abbattimento, del suo passato, di ciò che era, partendo appunto dal padre-usuraio. Un grosso specchio inclinato sul fondale dona la profondità dell’altrove, del continuum al di là delle sembianze, dell’oggi, del tangibile. Il nuovo Vitangelo, che si scopre generoso e diverso, per reazione, dai consanguinei più prossimi, è intriso in una battaglia dialettica, senza guardare mai in faccia né la moglie Dida (Laura Bandelloni sciantosa) né l’amante Anna Rosa (Alessia Innocenti troppo euforica), con il padre che si ode solo per altoparlante, così come le molte e fitte voci che assordano ed affollano la mente alla deriva del protagonista pronta alla resa, alla completa decostruzione del prima in attesa di una nuova, provocatoria, ondata esistenziale. A questo ci aggiungiamo una misoginia di fondo che prevede le due donne-comparse, l’una chiusa dentro una botola (questa si beckettiana!), cementificata ad handicap in una sorta di vulcano, bloccata e impietrita, l’altra che scorre e ruota su se stessa, muovendosi su un binario morto già solcato. La visione di Giancarlo Cauteruccio quindi concede, a nostro avviso, meno risalto alla coscienziosità ed alla consapevolezza dell’“uomo nuovo” novecentesco che sconfigge il “cadavere in maschera”, per puntare dritto all’indagine familiare, deciso all’annosa risoluzione del delitto, metaforico, edipico.

Voto 7 

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