Operiamo un ribaltamento. Cerchiamo
una rivoluzione, che non funge da soluzione che il problema è ancora aperto,
alla classica e semplice definizione del romanzo
pirandelliano.
In questo ci dà sicuramente una
grossa mano l’inventiva e la copernicana fantasia cauterucciana, visionaria in questa scalinata nera da varietà
senza spettatori, da avanspettacolo con le sedie vuote dove mette in mostra un Moscarda (un impressionante Fulvio
Cauteruccio, sempre esposto al palco, incandescente nel suo fiume di parole;
carichi i colloqui con il cane e il kafkiano incontro con lo
scarafaggio) che più che diviso tra l’essere se stesso e la molteplice visione psicanalitica
del sé, punta più la propria messinscena con una virata di coda, studiata e
metodica, verso il dominio, e il conseguente abbattimento, del suo passato, di
ciò che era, partendo appunto dal padre-usuraio. Un grosso specchio inclinato
sul fondale dona la profondità dell’altrove, del continuum
al di là delle sembianze, dell’oggi, del tangibile. Il nuovo Vitangelo, che si scopre generoso e diverso, per reazione,
dai consanguinei più prossimi, è intriso in una battaglia dialettica, senza
guardare mai in faccia né la moglie Dida (Laura Bandelloni
sciantosa) né l’amante Anna Rosa (Alessia Innocenti troppo euforica), con il
padre che si ode solo per altoparlante, così come le molte e fitte voci che
assordano ed affollano la mente alla deriva del
protagonista pronta alla resa, alla completa decostruzione del prima in attesa
di una nuova, provocatoria, ondata esistenziale. A questo ci aggiungiamo una
misoginia di fondo che prevede le due donne-comparse,
l’una chiusa dentro una botola (questa si beckettiana!),
cementificata ad handicap in una sorta di vulcano, bloccata e impietrita,
l’altra che scorre e ruota su se stessa, muovendosi su un binario morto già
solcato. La visione di Giancarlo
Cauteruccio quindi concede, a nostro avviso, meno risalto alla
coscienziosità ed alla consapevolezza dell’“uomo
nuovo” novecentesco che sconfigge il “cadavere in maschera”, per puntare dritto
all’indagine familiare, deciso all’annosa risoluzione del delitto, metaforico, edipico.
Voto
7