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  27/04/2024 - 05:23

 

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Scanner - live
 


Silvia Guidi
Blu Carne
Testo di Chiara Guarducci, musiche originali: Jorg Ritzenhoff, costumi: Alessandro Sivieri, Luci: Mario Librando, Massimo Carotti di e con Silvia Guidi, Produzione: Zauberteatro
Fabbrica Europa 2004 - Stazione Leopolda - Alcatraz 15 maggio 2004

 




                     di Tommaso Chimenti


Fabbrica Europa 2004
Andres Morte
International Fabbrica For Choreographers
Christian Rizzo
Silvia Guidi
Carlos Augusto “Cacà” Carvalho
Roberto Castello
Compagnia Verdastro - Della Monica
Fabbrica Europa 2003 teatro, danza, arti visive
Fabbrica Europa 2003 musica
Fabbrica Europa 2002
Fabbrica Europa 2001
Fabbrica Europa 2000
Fabbrica Europa 1999
Fabbrica Europa 1998
Fabbrica Europa 1997


"C'era una volta" rap.Disco- teatro, techno- scene, dancefloor- palco, hip hop- sipario.

Presentato a Pontedera, nel corso della stagione appena conclusa, "Blu Carne" è una sorta di mise en espace, lettura, concerto, musica dal vivo. Silvia Guidi attende il pubblico nello spazio senza filtri, palco azzerato al livello del mare, nessun telo o barriera tra la finzione, già in atto, che tra poco avrà la vita- morte per un'ora di cosiddetto "teatro".

Al centro della scena la molto onomatopeica Silvia, microfono da concerto, neofita ballerina cubista, tuta da meccanico, che, con sfondanti bassi industriali inscena scatenate danze della pioggia moderna, agitando arti e membra. Con una bicicletta rosa, omaggio al "Giro d'Italia" attualmente in corso, con testa di cavallo gira. Le sillabe fanno da eco le precedenti alle successive, il rimbombo frastuono polverizza le parole in mille suoni frantumatisi nell'aria, con le luci psichedeliche che creano sgomento e spiazzamento.

La favola di Perrault, Barbablù, non il cartone buonista Barbapapà, uxoricida, Enrico VIII?, torturatore, soldati U.s.a. in Iraq?, riproposta a colpi di remix in un sound molto europeo con una sensibilità sperimentale che lascia attoniti e sgomenti, nella banalità della trama il fulgido complesso scenico messo in atto originale e dirompente, troppo sopra le righe, inusuale e deconcentrante. La trama scontata: un aguzzino- carceriere sensuale e sessuale, il poliziotto di "In the cut" di Jane Campion?, colleziona, "Il collezionista di ossa"?, vergini che appena deflorate rinchiude in una cella segreta per le sevizie- torture e stupri conducendole inesorabilmente alla morte: mummificate, scarnificate, in sarcofagi appuntiti, il museo medievale degli orrori.

La nuova venuta, la prossima moglie- oggetto, la bambola, di Patty Pravo, per il divertimento sadico del nazista amante, può vagare libera nel castello- gabbia dorata ma la curiosità, "Curiosity kill the cat" era il nome di un gruppo, ai tempi di Matt Bianco, negli anni '80, la spinge ad aprire quell'ingresso, "Non aprire quella porta", cult dell'horror patinato hollywoodiano. La rima anello - castello sostituisce in questa piece gli smodati accoppiamenti cuore- amore ed il recente inflazionato fuoco - gioco, come insegna Piero Pelù nel suo pop ormai andato.

Un podio- leggio - trono - pulpito con il grande libro delle favole macabre e noir, quelle che si raccontavano per far nascere i sensi di colpa ai futuri schizofrenici, fa da spartitraffico- spartiacque nei vortici pensieri della vergine- Silvia, che muove e rotea a mulinello le mani come rapper del ghetto, che dialoga con la musica stilizzata, fortemente compressa e costipata, svuotata di ritmica, bassi pompati furtivi monocordi tra i silenzi di luci verdi, del musichiere mixerista di suoni gutturali e tastiere catalitiche, di voci storpiate dal campionatore nelle sillabe finali reiterate.

Monologhi che s'increspano, sensuali e sessuali, sperimentale fuori tempo nei vinili che gracchiano, tra il sound che frigge esternando la parodia arcaica di se stesso. Arriva la fine, la punizione corporale, decapitazione, termine in voga ultimamente, per l'aver contravvenuto alle ferree regole dell'alloggio, ma il finale verrà ribaltato nel cannibalismo della piccola ex verginea amante che, come "Evilenko" o John Dammer, il mostro di Millwakee, prima lo succhia, "Mi ha fottuto un pompino" dice letteralmente il torturatore perito per contrappasso, e subito dopo lo mangia, piccoli bocconi succosi di una vita che ha portato solo morte.

Voto 7 

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