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  29/03/2024 - 06:21

 

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Guantanamo
Honor bound to defende the freedom
Di Victoria Brittain e Gillian Slovo, regia di Serena Mannelli e Michele Panella, con Renata Palminiello, Roberto Gioffrè, Antonio Branchi, Matteo Brighenti, Giovanni Carli, Claudio Cirri, Daniel Dwerryhouse, Giuseppe Franchina, Alessio Nieddu, Lorenzo Guagni, Ali Kheder, Vincenzo Franceschini, Giovanni Panci e con Soriano Ceccanti, Haidi Giuliani, Armando Punzo, Don Vitaliano Della Sala, Simona Torretta, traduzione Michele Panella - video Federico Micali e Ottovolante scenografia Dimitri Milopulos, costumi Margherita Baldoni
Tri-boo, dal 18 al 22 gennaio 2006 al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino

 




                     di Tommaso Chimenti


Progetto Guerra 2006
Guantanamo


Dopo la tavola rotonda pomeridiana la prima nazionale di “Guantanamo” (lo spettacolo clou della rassegna Guerra) al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino è stata un vero successo dopo le quattro anteprime che ne hanno caratterizzato il debutto sestese. Le repliche dal 18 al 22 gennaio 2006. Un allestimento impressionante per impiego di energie e di risorse, pieno, denso, evocativo, una regia illuminata quella di Michele Panella e Serena Mannelli. Tre segmenti sulla scena. Una prima parte con accusati, testimoni, avvocati ed un giudice d’eccezione, quella Simona Torretta, volontaria romana rapita in Iraq, che ha aperto e chiuso la piece. La scenografia di Dimitri Milopulos è un aula di tribunale distrutta e bruciata, quasi da Apocalypse Now, un day after, il post della democrazia. Al centro cala, due volte, uno schermo gigante che propone video targati Cnn con le dichiarazioni di Rumsfeld dell’amministrazione Bush e di Straw, ministro degli Esteri inglese. Sullo sfondo tre prigionieri con l’occhio di bue degli interrogatori addosso che raccontano di sevizie, torture, frustrazioni quotidiane, condanne senza processi né appelli. In alto su di loro tante tute arancioni appese come cappi al collo di impiccati che fremono e tremano, oscillano in alto. Splendida e macabra fotografia d’insieme che dà prospettiva a tutto il tunnel poetico della scena allungata verso l’abisso e l’oblio. E’ la storia dei cinque ragazzi inglesi, prima imprigionati e poi rilasciati, fortunati perché in possesso di un passaporto occidentale e alleato agli Stati Uniti, che hanno passato due anni della loro vita nella base americana a Guantanamo Bay a Cuba. Diciamo una nuova forma di campo di concentramento. Contraddizioni continue. Racconti imbarazzanti per qualsiasi cittadino del mondo. Le trame s’intrecciano in un filo nodoso che si dipana a poco a poco nell’ora e mezza di rappresentazione con continui cambi di luce che spiazzano e velocizzano la piece rendendola godibile esteticamente ed impressionante per la mole di dati ed informazioni che arrivano alla platea, la Limonaia era gremita, entusiasta a fine piece. Gli attori non rientrano sulla scena per prendersi l’applauso proprio per rispetto alla vicenda, essi sono giustamente soltanto mezzi per raccontare questa triste parte della verità. Un teatro civile che non ha bisogno di spiegazioni né di tolleranza, colmo di sensibilità ed umanità.

Voto 8 

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