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  01/05/2024 - 23:15

 

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Monica Guerritore
Giovanna D’Arco
Un pretesto per parlare d’altro, d’attualità, di teatro civile e politico
Al Teatro della Pergola di Firenze dal 29 novembre al 4 dicembre 2005

 




                     di Tommaso Chimenti


Un excursus sui “martiri” del nostro tempo. Giovanna d’Arco è un pretesto per parlare d’altro, d’attualità, di teatro civile e politico. La Guerritore sta al centro del palco, muscoli in bella vista, maglietta da boxer, stivaloni, parastinchi e gomitiere di metallo, a metà tra guerriera, amazzone, monaco Shaolin, sacerdotessa della battaglia. La Fede e la guerra a braccetto. In mano la spada del Signore, della Verità. Enfasi, pathos che sfiora l’incenso, profumo di angeli, voci, visioni, misticismo, conversione. Dietro di lei il palo che la vedrà arsa viva per eresia, palo che si trasforma in totem, in status quo, in già detto, nell’anacronismo viscerale e pietrificato delle idee che non vogliono piegarsi al tempo, al cambiamento, alla ragione, albero di una nave sulla rotta dell’arroganza e dell’abuso di potere. La Pergola è un lazzaretto insopportabile: 1000 colpi di tosse prima che lo spettacolo si concluda, parafrasando la Melissa nazionale. Azzeccata l’idea di svecchiare il classico concetto dello spettatore medio della Pergola attraverso l’uso forsennato del video e le musiche contemporanee, addirittura la platea batte le mani incredibilmente a tempo su “The show must go on” dei Queen. Schermo utilizzato per affiancare e supportare il testo: appare così il corpo del Che ucciso in Bolivia, Martin Luther King ed il suo “I have a dream”, piazza Tien An Men ed i carri armati fermati da uno studente. Ma è cambiato veramente qualcosa in Cina? O è soltanto un riempirsi la bocca di idee fumose? La domanda aleggia al di là del perbenismo radical chic della potenza delle immagini. E dopo i Queen, con Freddie Mercury quasi elevato a nuovo martire dalla Guerritore, forse perché siamo vicini al primo dicembre giorno della lotta all’Aids, ecco la voce roca e strascicata di Tom Waits, l’evocativa gutturale dei Carmina Burana, inquietante nel silenzioso buio, le parole stampate a caratteri cubitali di Giordano Bruno, anch’egli infiammato sulla pira. L’ultimo grido, “Dio perché mi hai abbandonato”, l’avvicina a Cristo sulla croce ed alla santità, comunque arrivata nel 1920 per la vergine diciannovenne vissuta a metà del quindicesimo secolo. Rimane il dubbio sull’effettiva presa di posizione della Guerritore se qui difenda la laicità dello Stato o se innalzi e inneggi ad una guerra di religione. Un’altra Oriana Fallaci? Il finale profetico non ci è piaciuto, in platea a braccia allargate, capienti. Forse il personaggio ha traboccato pericolosamente nella persona. Da far vedere a Papa Ratzinger.

Voto 6 

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