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  01/05/2024 - 17:16

 

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Compagnia Cuocolo Bosetti
Sandman
Amalgama tra il pathos emotivo del racconto e la potenza delle immagini rievocate
Contemporanea Festival – dal 28 al 31 maggio 2010 a Prato

 




                     di Tommaso Chimenti


Non conoscono gli appartamenti che frequenteranno, che per un’ora scarsa diverranno il palco per una decina di spettatori privilegiati. Un salotto, sconosciuti. Stavolta il rapporto non è più uno ad uno per Cuocolo Bosetti, la compagnia italo australiana specializzata nelle piece per un solo spettatore. Ormai sono di casa a Contemporanea. Aspettiamo il loro arrivo. Le finestre sono aperte, dalla strada qualche voce lontano. Tensione nell’aria. C’è un divano, delle sedie. La casa è fresca, carina ed ospitale, i padroni giovani. Suonano alla porta. Arrivano con la loro valigia. Sembra che debbano svolgere un compito, portare a conclusione un lavoro. Prima facciamo, prima ce ne andiamo. Il loro sorriso sornione distende i sorrisi. All’informalità seguono ordini, alla dolcezza, parole dure, alla sensualità dell’attrice le scintille tra i due “carnefici”. Siamo prigionieri. Lo siamo per contratto di biglietto. L’abbiamo voluto, scelto, ci siamo prenotati per questo. Come in Arancia meccanica, come in Funny games, come Charles Manson nella casa di Polansky. L’uomo nero che arriva di soppiatto, l’uomo di sabbia che dolcemente si intrufola prima di svelare le sue reali intenzioni. Ci legano le mani. Ci bendano gli occhi. Viene spenta la luce. E comincia un altro mondo fatto soltanto di voce, di ammiccamenti verbali, di questo strano sentore di erotismo, di voyerismo, di una strana eccitazione dell’essere nelle mani di uno sconosciuto. Il racconto è da un lato piccante, dall’altro drammatico e tragico. Il sogno che corre e ci percorre è una storia triste, complessa ed infarcita di sensi di colpa. Siamo impotenti davanti a quella visione che si materializza davanti alle nostre pupille cieche. Possiamo solamente ascoltare, nemmeno ribellarci. Ma c’è sempre, nei lavori di Cuocolo Bosetti, questa strana pasta ed amalgama tra il pathos emotivo del racconto e la potenza sia delle immagini rievocate sia dell’eccitazione cerebrale. Quello che scatenano è sesso di testa, il più difficile da raggiungere, il più duraturo. La voce di lei è sensuale e decisa, a tratti al limite del mascolino, l’uomo sembra essere il suo master, il suo analista che la porta, la conduce, tipo belva in gabbia, a farsi ammirare, a ricordare il suo atroce passato. Ai prigionieri viene chiesto: “Di che cosa avete paura?”. Verrebbe da rispondere, ma la gola si secca e si ascolta il silenzio di pudore degli altri nella tua stessa condizione di limitata mobilità fisica. La mente però viaggia eccome, rincorre i cambiamenti di voce, sente tutte le parole, non se ne perde neppure una, il significato adesso è pieno e denso e corposo. Gli occhi limitano la comprensione.

Voto 8 

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