Hanno cercato di dare soluzione ai problemi di una società in crisi, ma non ci sono riusciti. Eppure una riflessione sulla diversità, sull'onestà intellettuale dei comunisti e soprattutto sulla possibilità della nascita di un'ideologia nuova che dia una risposta vera ai problemi della società di oggi è avvincente, necessaria. Crollato l'ideale comunista, si torna a parlare,
si tentano bilanci su questa ideologia. Anche in
teatro, attraverso i contributi, le
riflessioni di alcuni comunisti italiani
“eccellenti”: Vittorio Foa, Miriam Mafai, Alfredo Reichlin. E’ un
carteggio pieno di passione quello alla base dello spettacolo che ha debuttato
con successo ottenuto alle Olimpiadi
della Cultura 2006 di Torino e che viene riproposto
al Teatro Fabbricone
di Prato dal 14 al 25 giugno 2006, ore 21 (lunedì 19 riposo).
E' logico pensare che non sia facile intrigare con uno spettacolo che esplora un'ideologia sconfitta con una disamina intellettuale di due ore e invece la piece convince e avvince davvero.
Merito della regia, degli attori, ma anche del testo che stupisce per la sua acutezza e contenporaneità.Il
silenzio dei comunisti, per la regia di Luca Ronconi, è un’interessante trasposizione delle lettere
che nel 2002 si scambiarono tre illustri dirigenti del vecchio PCI: Vittorio
Foa (interpretato da Luigi Lo Cascio) Miriam Mafai (interpretata da Maria Paiato)
e Alfredo Reichlin (interprete Fausto Russo Alesi).
Lettere brevi, intensi ricordi e domande per il
futuro, per dialogare sulla storia, passata e presente del comunismo italiano,
attraverso il Novecento. Vittorio Foa, il grande intellettuale militante della sinistra
italiana, ha scritto nel 2002
a due ex comunisti carichi di memoria, Miriam Mafai e Alfredo Reichlin, ed essi
hanno risposto. Con linguaggi e stili diversi, con altre
domande e altre riflessioni. Scrive Foa in un
passo significativo: “Se vogliamo che le cose migliorino
dobbiamo pensare che possano migliorare; la scelta è fra un mondo di
possibilità e un mondo di fallimenti”. Per Mario Pirani,
che nel 2001 recensiva questo prezioso carteggio, “Vittorio
Foa, nelle vesti dell’interrogante ermeneuta, si
rivolge a Miriam Mafai e ad Alfredo Reichlin, chiamati a rispondere ad un profluvio di quesiti
nella loro qualità di attori ancora sul proscenio di quella grande ‘commedia umana’che fu l'esperienza dei comunisti italiani, estesa
all'estremo tentativo di spendere quell' esperienza
nella nuova formazione riformista Ds. Esercizio
interessante, quanto destinato a lasciare senza risposta gl’innumerevoli
quesiti proposti, sul passato e sul presente: dal ruolo di Togliatti
al pacifismo, dal compromesso storico di Berlinguer
alla contaminazione coi no-global, dal rapporto con
l'Urss al confronto con la mondializzazione. E poi i ricordi personali, che aprono nostalgici e toccanti
flashback sui ‘migliori anni della nostra vita’.
Naturalmente in poco più di cento pagine il valore non va cercato certo nella profondità
documentata dell'analisi ma nella dialettica, a volte folgorante, dell'intuito,
nell'incrociarsi vivacissimo e libero di una conversazione a tre sulle vicende
del secolo, fino ai giorni nostri”.
Dice
Ronconi: “Per lo spettacolo sulla politica ho
scelto, una sorta di epistolario pieno di passione tra
Foa, Mafai e Reichlin, che pone domande forti e imbarazzanti alla
sinistra, sulla necessità della rivoluzione, chiamando in causa vecchi e nuovi
comunisti. Quello che mi interessa è
l’intersoggettività dei momenti teatrali perché è chiaro che la scienza e la
bioetica dipendono, come tutto, dall’economia e dalla politica… Un testo non
pensato per la scena, dunque, ma che ci fornirà lo spunto per dibattere dei
problemi di una società in piena crisi, una crisi causata dalla transizione tra
due epoche storiche”.
Voto
8