Teatro Metastasio, stagione 2007 / 2008
Teatro Metastasio, fuori abbonamento 2007 / 2008
Teatro Metastasio ragazzi, Stagione 2007 / 2008
Molly Sweeney, di Brian Friel, regia Andrea De Rosa, 2007
i Giganti della montagna, Compagnia Lombardi-Tiezzi, 2007
Farfalle, Compagnia TPO, 2007
Gomorra, Mercadante Teatro Stabile di Napoli, 2007
Pasticceri
Io e mio fratello Roberto
, 2006
Roberto Andò e Moni Ovaia, Le storie del sig.Keuner, di Bertolt Brecht
Luca Zingaretti, Legge La Sirena, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Tre sorelle di Anton Cechov, Regia Massimo Castri
Giorgio Strehler, La storia della bambola abbandonata
Teatro del Carretto, Pinocchio, da Carlo Collodi
Campagnia Pippo Delbono, Questo buio feroce
La domanda è: le cose, come le
persone, appartengono a chi le ama e le difende e le fa crescere o a chi le ha
comprate? Che in fondo era la lezione di Marx sull’oggetto - prodotto
finito che veniva espropriato e trafugato dalle mani
dell’operaio - Geppetto che gli aveva dato la vita. L’insegnamento,
soprattutto perché la platea era di quelle malleabili e plasmabili di bambini
delle scuole elementari, è troppo partigiano al limite
del fazioso. Anzi proprio ad una rivolta sociale, aizzando ed eccitando i
pargoli in favore del bene, la povera Paca povera, contro la bella, ricca e
viziata Lolita, dipinta come un’arrogante dittatore in
miniatura, è tesa tutta la piece. Una rivoluzione in piena regola. Mancavano
giusto i cappi appesi a qualche albero ed un capro espiatorio da far
ciondolare. Qualche testa da tagliare si trova sempre. “La storia della bambola
abbandonata” (fino al 17 febbraio 2008 al Metastasio,
tutti i giorni matinee alle 10, sabato 16 alle 21,
domenica 17 alle 17), mostra l’ancora bella Andrea Jonasson,
venditrice di palloncini o sogni volanti, guida come maestra d’orchestra, ed
imbecca, un nugolo di cuccioli d’uomo dove spicca una piccosa Lolita che mostra
piglio ed alterità. Ma se anche Strehler, suo il testo per una produzione del Piccolo
di Milano, si mette a perpetrare i soliti triti luoghi comuni e stereotipi
allora non ne usciremo mai: la misera Paca ha la pelle
scura, mentre Lolita è bianca latte candida con le trecce rosse. La disputa
della bambola, nei giochi tra piccoli, e dell’infante, tratto da Sastre, prima dimenticato dalla madre aristocratica e
allevato dalla sguattera con sacrifici, nel racconto brechtiano
del “Cerchio di gesso del Caucaso”, si conclude in
entrambi i casi con un processo che a poco a poco diventa gogna pubblica con il
pubblico innocente ad inneggiare una sola, e soltanto, parte in un gioco.
Più che di didattica odora di plagio. Il processo, con tanto
di giudice raffazzonato dell’ultima ora, uno straccivendolo, e testimoni e
prova finale, ripetuta ben due volte sia nel campo bambinesco che in quello adulto perché il risultato ottenuto nella
prima manche non era gradito alla toga stessa, si conclude con la vittoria dei
ricchi, qui veramente spregevoli e disgustosi senza alcun pregio, che usano la
forza e l’alterigia per battere la sensibilità dei poveri che, non volendo
rompere la bambola o far del male al neonato, lasciano la presa nel gioco del
tiro alla fune con il premio conteso al centro. Ma nonostante la vittoria, con
un’azione di forza certamente non democratica, i beni del contendere,
giocattolo e bimbo, vengono arbitrariamente confiscati
alle, ora dopo il procedimento penale, legittime proprietarie ed assegnate, con
urla del popolino assetato di vendetta-giustizia, alle più deboli. Ma i bambini non hanno bisogno della divisione netta tra il
bianco ed il nero ma soltanto che qualcuno gli spieghi che il male, come il
bene, non stanno da una sola parte. Sarebbe riduttivo e semplicistico. Più
facile, ma anche più noioso.
Voto
7 +