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  20/04/2024 - 00:21

 

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Opera Panica
Testo e regia di Alejandro Jodorowsky
Cast Adan Jodorowsky, Brontis Jodorowsky Cristobal Jodorowsky, Edwin Gérard, Marianne Costa, Marie Riva, Valérie Crouzet e Antonio Bertoli
Produzione MC 93 Bobigny / City Lights Italia

 




                     di Emilia Paternostro


Opera Panica segna, dopo trenta anni, il ritorno in teatro di uno dei più grandi maestri del Novecento: Alejandro Jodorowsky. Lo spettacolo, una coproduzione tra City Lights Italia e il Teatro di Bobigny di Parigi, sarà in tournée in Italia nei prossimi mesi di febbraio e marzo. Il tour italiano di Opera Panica è diventato l'occasione, per le città che lo ospitano, di una serie di eventi e progetti legati all'autore cileno (mostre, rassegne cinematografiche, stage, incontri).

Indimenticato pioniere dell'avanguardia teatrale cilena, messicana ed europea sin dalla fine degli anni quaranta, Alejandro Jodorowsky è stato il fondatore e animatore con Fernando Arrabal e Roland Topor -negli anni sessanta- di quello straordinario fenomeno artistico, letterario e teatrale che è stato il Panico. Se ancora oggi l'eco di Melodramma Sacramentale (Parigi, 1968), del Panico e in genere degli innumerevoli effimeri panici (veri e propri progenitori dell'happening) continua a giungere fino a noi nonostante l'ampio e colpevole silenzio della storiografia e del teatro ufficiali, Jodorowsky ha continuato ad esplorare le possibilità dell'espressione artistica secondo quella concezione di "arte totale" ("panica") che lo ha sempre contraddistinto.

Mentre sul piano teatrale Il gioco che tutti giochiamo è a tutt'oggi uno degli spettacoli più rappresentati dell'America latina, già da diversi anni a questa parte i romanzi e le raccolte poetiche di Jodorowsky costituiscono un indiscutibile successo e novità (Teresa si arrabbiò con Dio, Di ciò di cui non si può parlare, La scala degli Angeli), i lungometraggi che ha diretto alla tra il sessanta e il settanta sono diventati oggetto di culto ( El Topo, La montagna sacra, Il paese incantato, Santa Sangre… The Rainbow Thief), e nell'ambito del fumetto d'autore, a partire dall'ormai mitica collaborazione con Moebius per la saga dell'Incal, le sceneggiature e i soggetti di Jodorowsky costituiscono un mondo che Les Humanoides Associés stanno esportando dalla Francia in tutti i continenti (La casta dei Metabaroni con Jimenez; La casta dei tecnopadri con Bertrand e Janjetov; La folle du Sacré Coeur con Moebius; etc.).

Sul versante "terapeutico" (e per certi versi anche teatrale) è ormai leggendaria l'esperienza del cabaret mystique, che Jodorowsky conduce a Parigi ormai da quasi quindici anni (una conferenza e una lettura di tarocchi settimanale, del tutto gratuita, che vede via via ingrandirsi le fila del pubblico che vi partecipa, fino a dover in molti casi chiudere addirittura i battenti) e della Psicomagia, un'arte di curare che combina l'arte, appunto, con l'intento terapeutico.

Il ritorno alla drammaturgia e alla regia di Alejandro Jodorowsky costituisce dunque - data la caratura del personaggio - un fatto estremamente significativo, considerando anche (e non in secondo luogo) la cosmogonia teatrale all'interno della quale Jodorowsky è inserito a pieno titolo: Beckett, Ionesco e Arrabal, vale a dire tre fra gli autori più rappresentativi del secondo Novecento, non a caso inizialmente accomunati tutti sotto il comune denominatore di " teatro dell'assurdo".

A questo proposito va detto però subito che la distanza di Jodorowsky dai suoi illustri contemporanei è sempre stata molto forte, soprattutto durante gli anni "caldi" che intercorrono dal '50 al '70: più " artaudiano" di tutti, più visionario forse e soprattutto molto più regista, attore, uomo di palcoscenico rispetto a Beckett, Ionesco e allo stesso Arrabal, Jodorowsky è più sanguigno e corporeo, più "sudamericano", più operativamente surrealista di tutti gli altri, tanto da lasciare ad un certo punto e coscientemente il teatro per altri orizzonti.

Teatro dell'assurdo, dunque, critica della ragione strumentale, destrutturazione del significato a favore della costruzione di senso, focalizzazione sulla relazione tra individuo e società, tra parte e tutto: assolutamente vero ma altrettanto assolutamente non tale da far pensare a chissà quale scrittura intellettualistica.

Come in Beckett e in Ionesco il linguaggio è anzi assolutamente quotidiano, parlato, "normale"; sono l'uso che Jodorowsky ne fa e le circonvoluzioni impresse che fanno scattare il meccanismo teatrale, con esiti molto spesso esilaranti e addirittura comici, in altri momenti tipicamente da "humour noir", in altri ancora di sospensione del giudizio.

Si tratta in ogni caso di una scrittura teatrale molto potente, diretta, addirittura straniante in senso brechtiano pur se estremamente comprensibile; una scrittura che mancava al teatro da anni e che non a caso ha aspettato il ritorno di un suo grande maestro per compiersi.

La struttura di Opera Panica è costituita da un insieme di quadri che corrispondono ad altrettante situazioni, come se ad essere rappresentata fosse la vita colta per scorci significativi, per emblemi di certi modi di essere, di pensare, di relazionarsi, di vivere.

Estremamente semplice nel linguaggio, pur nella complessità del rimando di senso, Opera Panica è altrettanto semplice nella struttura drammaturgica e nella dimensione: la sobrietà dell'apparato scenico e dei costumi corrisponde all'intento di dare pieno valore e vigore al linguaggio e alla recitazione, così come era stato del resto per Beckett e per lo stesso Ionesco.

Si hanno così, come per "siparietti" segnati da rapidi passaggi di luce e di buio, il quadro dell'ottimista e del pessimista, quello dei due pessimisti, dei due ottimisti, il quadro dei nuotatori, quello della domanda, quello degli idioti, il quadro delle due prigioniere, quello della guerra e molti altri ancora per un totale di 18 quadri complessivi: un flash estremamente oggettivo sulla realtà e sulla vita che solo poteva cogliere quel grande "visionario oggettivo" che è Alejandro Jodorowsky

Voto 8 

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