Come la
lettura di “Cent'anni di solitudine” di Gabriel
Garcia Marquez non e' affrontabile senza carta e
penna per annotarsi soprattutto i personaggi del fantasmagorico romanzo, che
come un fiume carsico spuntano in quantitativi industriali quando meno te
l'aspetti e nessuno ti dice se già l'avevi incontrato o meno, mentre tu sei
rintronato dai fuochi d'artificio che ogni pagina ti riserva; così la lettura
di “Secolo” di
Aleksandar Gatalica (si legge Gataliza) non sarebbe
possibile in epoca pre-internet. Perché? Perché il miscuglio tra personaggi
veri e inventati e simil inventati che invece risultano
veri e' talmente, come dire?, all'ordine del giorno, che diventa severamente
obbligatorio sapere e capire cosa e' vero e cosa non lo è; chi è realmente
esistito e chi no.
Procediamo con ordine.
Il
Gatalica è autore serbo, oggi men che cinquantenne, che tuttavia scrive questa
raccolta di 101 racconti, uno per ogni anno dal 1900 al 2000, quando di anni ne
aveva trentaquattro. Di professione musicologo ed ha all'attivo parecchi lavori
letterari di stampo saggistico e narrativo, oltre a studi musicali; infine, dal
Greco classico ha tradotto Eschilo, Sofocle, Euripide e numerosi poeti tra cui
Saffo e Alceo. (E a questo punto a Napoli direbbero:
“A ritt' niente!”
La sua scoperta, per l'editoria italiana, è avvenuta, com'è stato per numerosi
scrittori jugoslavi (prima del 1992) e delle repubbliche nate dal collasso
della Federativa, ancora una volta grazie alla curiosità e all'intelligenza di
Silvio Ferrari, traduttore e scrittore egli stesso, di origini liguro-dalmate.
In questa occasione, Ferraris ha voluto dividere
l'onore e l'onore della cura del libro con Aleksandra Dzankic (Giankich):
probabilmente per quel che concerne lo slang belgradese che come tutti i gerghi
comportano un bagaglio di conoscenze che si possono acquisire solo sul “campo”.
Sin da subito ho fatto il nome del Nobel sudamericano. Ma non e' solo perché c'e' questo assoluto bisogno di seguirne
l'azione (il racconto e i singoli racconti) coll'ausilio di un qualche cosa che
ci eviti di perderci nei meandri dei personaggi e delle vicende vere e non che
fanno da scenario, ma anche perché la stessa cifra stilistica ne ricorda il
narrare. Pure Gatalica,
cioè, è un perpetuo fuoco d'artificio funambolico e bizzarro e non di rado
ironico. Certo, i “colori2 e gli “umori” sono differenti,
idem dicasi per gli abiti mentali dei soggetti presi in esame, ma una forte
somiglianza c'e'.
Un libro bizzarro, una bizzarria che riguarda personaggi, situazioni, dialoghi,
descrizioni.
Per prima cosa a inizio di lettura non si riesce mai bene a capire chi sarà –
chi e' – l'io narrante. Che appunto, cambia sempre: un
uomo, una donna, un morto, in terza persona, ecc. Costui/costei è regolarmente un personaggio di fantasia, ma non sempre lo
sono le situazioni in cui si cala o viene calato ne' tanto meno chi gli sta
intorno: artisti, musicisti, politici, statisti. Quanto alla collocazione
temporale, quasi mai la motivazione storica per cui quel dato anno e' ricordato
dalla storia con la Esse maiuscola, ha a che fare con la vicenda trattata. Per il 1939 ti aspetti
l'invasione della Polonia? Macché. Neanche l'ombra! Spesso e'
solo un pretesto, che tuttavia ne coglie le temperie, il clima, le atmosfere
(penso all'URSS di Stalin, all'Europa in guerra, alla defunta Jugoslavia e alle
sue membra sparse del post crollo, ecc.).
Ciò che però maggiormente colpisce, al di là della strambezza o stramberia delle situazioni e' la divertita e
divertente descrizione di scene e personaggi. Sicché ci imbattiamo in fulminanti
descrizioni di uomini e cose, tipo: “Aveva un viso gonfio, le guance rosse
e un doppio mento che in pratica gli mangiava il mento peraltro sempre mal
rasato”. O: “Era uno di quegli edifici del dopoguerra, ne' bello
ne' brutto, che sembravano stare stretti nello spazio e trovarsi lì per
riempire il numero civico”. E ancora: “Era uno di quegli uomini venuti su nel
corso del XX secolo che non avevano mai avuto nessuno, come se davvero non
fossero neppure mai nati, non provenissero da nessun posto, non fossero
divenuti adulti”. Oppure: “Ero un bambino appena uscito dal sonno impaurito dal
fatto che il mondo degli adulti fosse così brutalmente piombato dentro il
mio”... “Il cielo notturno arrossato sopra Londra rimbombava tremendamente
delle bombe tedesche”. Un edificio che riempie un numero civico? Il cielo che
rimbomba?
O personaggi: c'è il sosia del duce degli ustascia, i
fascisti croati della Seconda guerra mondiale, Ante Pavelic, talmente identico
all'originale che nessuno se ne accorge dello scambio, neppure quanti
quotidianamente gli stanno intorno. C'e' il medico addetto all'igiene della
mummia di Lenin che esterrefatto assiste al mutare di colore della pelle
dell'insigne cadavere e della crescita di alcuni peli. C'è
il tizio che si innamora di un manichino e lo ruba. Un
altro che acquista all'asta il letto in cui Marilyn Monroe si è suicidata, e nel sonno, dopo essersene innamorato
follemente, si uccide insieme a lei. C'è il pianista virtuosissimo che
affascina e sconvolge mezza Europa, ma che una volta morto, nessuno si
ricorderà più di lui, risulterà non essere mai
esistito. E poi, il marito anziano di una tenera e buona donna che ogni notte
invece di dormire se ne sta con la pistola puntata sulla sua tempia, per poi
cambiare regolarmente idea fino a concludere i propri
giorni accanto a lei tanti anni dopo... C'è il vigliacchissimo Ramon che
durante la rivoluzione cubana per sfuggire ai pericoli si trasforma, nell'appiattirsi
lungo i muri, in muro egli stesso... Per non dire del giramondo che a inizio
secolo ha acquistato un baule da cui tira fuori scritti e lettere di importanza
capitale nella storia dell'umanità; e quando muore, dal baule continueranno a
sbucare documenti relativi al presente.
Insomma, siamo al cospetto di una sorta di cilindro
di un mago pazzerello e talvolta un tantino cattivo. Un cilindro che tocca
tutte le capitali del mondo e non pochi luoghi oscuri, con i suoi quasi
cinquecento personaggi distribuiti in 415 pagine, che si leggono senza
accorgersene. E che hanno il pregio di farsi leggere o anche rileggere in un
secondo e terzo tempo, visto che i racconti più lunghi
non superano le cinque pagine e i più brevi le due.
Un'altra cosa che affascina, dopo – debbo dire – un
primo momento di delusione, è la totale estraneità, ripeto, di un approccio al
singolo anno rispetto a ciò che il lettore ricorda in prima persona o dai
libri, di quel dato anno. No, qui siamo al regolare cospetto di avvenimenti,
ancorché di fantasia, secondari, marginali e comunque sempre sul filo della
fantasia in cui però spesso, torno a dire, affiorano personaggi realmente
esistiti. In tal senso e' stupenda la vicenda che ha
per data il 1911, quando tornando in Germania da una vacanza veneziana,
Heinrich Mann si ritrova a leggere il resoconto della sua permanenza in laguna,
scritto dal fratello...
A chiusura di questo pezzo, dato che in apertura avevo citato Gabriel Garcia Marquez, non posso non ricordare anche altri scrittori di
cui il Gatalica e' a suo modo, debitore. Di certo del suo connazionale, il
geniale, ma disgustosamente nazionalista Milorad
Pavic e del suo “Dizionario Cazaro”, quindi Borges e Canetti,
fors'anche Musil
e Hasek, a tratti Kafka e non manca certa
"cattiveria" brechtiana. E mi fermo qui, anche perché, tutto sommato,
quando un letterato dalla cultura più o meno
enciclopedica, qual e' Aleksandar Gatalica, decide di scrivere un'opera di finzione,
va da sé che dentro ci troveremo di tutto.
Un grazie, e concludo, per questo straordinario
gioiello alla giovane casa editrice reggiana Diabasis
e al summenzionato Silvio Ferrari, ma non pochi meriti ha l'autore della
prefazione, lo scrittore di Mostar, Predrag Matvejevic.
Voto
8
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