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Aleksandar Gatalica
Secolo
Una raccolta di 101 racconti, lo scrittore serbo ne ha realizzati uno per ogni anno dal 1900 al 2000
Edizione 1° anno 2008, Editore: Diabasis - Lingua: italiano - Collana: Al buon corsiero, Pagine: 416 - Traduttore: A. Dzankic, Santo Ferrari , ISBN: - EAN: 9788881035953

 




                     di Sandro Damiani


Come la lettura di “Cent'anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez non e' affrontabile senza carta e penna per annotarsi soprattutto i personaggi del fantasmagorico romanzo, che come un fiume carsico spuntano in quantitativi industriali quando meno te l'aspetti e nessuno ti dice se già l'avevi incontrato o meno, mentre tu sei rintronato dai fuochi d'artificio che ogni pagina ti riserva; così la lettura di “Secolo” di Aleksandar Gatalica (si legge Gataliza) non sarebbe possibile in epoca pre-internet. Perché? Perché il miscuglio tra personaggi veri e inventati e simil inventati che invece risultano veri e' talmente, come dire?, all'ordine del giorno, che diventa severamente obbligatorio sapere e capire cosa e' vero e cosa non lo è; chi è realmente esistito e chi no.
Procediamo con ordine.
Il Gatalica è autore serbo, oggi men che cinquantenne, che tuttavia scrive questa raccolta di 101 racconti, uno per ogni anno dal 1900 al 2000, quando di anni ne aveva trentaquattro. Di professione musicologo ed ha all'attivo parecchi lavori letterari di stampo saggistico e narrativo, oltre a studi musicali; infine, dal Greco classico ha tradotto Eschilo, Sofocle, Euripide e numerosi poeti tra cui Saffo e Alceo. (E a questo punto a Napoli direbbero: “A ritt' niente!”
La sua scoperta, per l'editoria italiana, è avvenuta, com'è stato per numerosi scrittori jugoslavi (prima del 1992) e delle repubbliche nate dal collasso della Federativa, ancora una volta grazie alla curiosità e all'intelligenza di Silvio Ferrari, traduttore e scrittore egli stesso, di origini liguro-dalmate. In questa occasione, Ferraris ha voluto dividere l'onore e l'onore della cura del libro con Aleksandra Dzankic (Giankich): probabilmente per quel che concerne lo slang belgradese che come tutti i gerghi comportano un bagaglio di conoscenze che si possono acquisire solo sul “campo”.
Sin da subito ho fatto il nome del Nobel sudamericano. Ma non e' solo perché c'e' questo assoluto bisogno di seguirne l'azione (il racconto e i singoli racconti) coll'ausilio di un qualche cosa che ci eviti di perderci nei meandri dei personaggi e delle vicende vere e non che fanno da scenario, ma anche perché la stessa cifra stilistica ne ricorda il narrare. Pure Gatalica, cioè, è un perpetuo fuoco d'artificio funambolico e bizzarro e non di rado ironico. Certo, i “colori2 e gli “umori” sono differenti, idem dicasi per gli abiti mentali dei soggetti presi in esame, ma una forte somiglianza c'e'.
Un libro bizzarro, una bizzarria che riguarda personaggi, situazioni, dialoghi, descrizioni.
Per prima cosa a inizio di lettura non si riesce mai bene a capire chi sarà – chi e' – l'io narrante. Che appunto, cambia sempre: un uomo, una donna, un morto, in terza persona, ecc. Costui/costei è regolarmente un personaggio di fantasia, ma non sempre lo sono le situazioni in cui si cala o viene calato ne' tanto meno chi gli sta intorno: artisti, musicisti, politici, statisti. Quanto alla collocazione temporale, quasi mai la motivazione storica per cui quel dato anno e' ricordato dalla storia con la Esse maiuscola, ha a che fare con la vicenda trattata. Per il 1939 ti aspetti l'invasione della Polonia? Macché. Neanche l'ombra! Spesso e' solo un pretesto, che tuttavia ne coglie le temperie, il clima, le atmosfere (penso all'URSS di Stalin, all'Europa in guerra, alla defunta Jugoslavia e alle sue membra sparse del post crollo, ecc.).
Ciò che però maggiormente colpisce, al di là della strambezza o stramberia delle situazioni e' la divertita e divertente descrizione di scene e personaggi. Sicché ci imbattiamo in fulminanti descrizioni di uomini e cose, tipo: “Aveva un viso gonfio, le guance rosse e un doppio mento che in pratica gli mangiava il mento peraltro sempre mal rasato”. O: “Era uno di quegli edifici del dopoguerra, ne' bello ne' brutto, che sembravano stare stretti nello spazio e trovarsi lì per riempire il numero civico”. E ancora: “Era uno di quegli uomini venuti su nel corso del XX secolo che non avevano mai avuto nessuno, come se davvero non fossero neppure mai nati, non provenissero da nessun posto, non fossero divenuti adulti”. Oppure: “Ero un bambino appena uscito dal sonno impaurito dal fatto che il mondo degli adulti fosse così brutalmente piombato dentro il mio”... “Il cielo notturno arrossato sopra Londra rimbombava tremendamente delle bombe tedesche”. Un edificio che riempie un numero civico? Il cielo che rimbomba?
O personaggi: c'è il sosia del duce degli ustascia, i fascisti croati della Seconda guerra mondiale, Ante Pavelic, talmente identico all'originale che nessuno se ne accorge dello scambio, neppure quanti quotidianamente gli stanno intorno. C'e' il medico addetto all'igiene della mummia di Lenin che esterrefatto assiste al mutare di colore della pelle dell'insigne cadavere e della crescita di alcuni peli. C'è il tizio che si innamora di un manichino e lo ruba. Un altro che acquista all'asta il letto in cui Marilyn Monroe si è suicidata, e nel sonno, dopo essersene innamorato follemente, si uccide insieme a lei. C'è il pianista virtuosissimo che affascina e sconvolge mezza Europa, ma che una volta morto, nessuno si ricorderà più di lui, risulterà non essere mai esistito. E poi, il marito anziano di una tenera e buona donna che ogni notte invece di dormire se ne sta con la pistola puntata sulla sua tempia, per poi cambiare regolarmente idea fino a concludere i propri giorni accanto a lei tanti anni dopo... C'è il vigliacchissimo Ramon che durante la rivoluzione cubana per sfuggire ai pericoli si trasforma, nell'appiattirsi lungo i muri, in muro egli stesso... Per non dire del giramondo che a inizio secolo ha acquistato un baule da cui tira fuori scritti e lettere di importanza capitale nella storia dell'umanità; e quando muore, dal baule continueranno a sbucare documenti relativi al presente.
Insomma, siamo al cospetto di una sorta di cilindro di un mago pazzerello e talvolta un tantino cattivo. Un cilindro che tocca tutte le capitali del mondo e non pochi luoghi oscuri, con i suoi quasi cinquecento personaggi distribuiti in 415 pagine, che si leggono senza accorgersene. E che hanno il pregio di farsi leggere o anche rileggere in un secondo e terzo tempo, visto che i racconti più lunghi non superano le cinque pagine e i più brevi le due.
Un'altra cosa che affascina, dopo – debbo dire – un primo momento di delusione, è la totale estraneità, ripeto, di un approccio al singolo anno rispetto a ciò che il lettore ricorda in prima persona o dai libri, di quel dato anno. No, qui siamo al regolare cospetto di avvenimenti, ancorché di fantasia, secondari, marginali e comunque sempre sul filo della fantasia in cui però spesso, torno a dire, affiorano personaggi realmente esistiti. In tal senso e' stupenda la vicenda che ha per data il 1911, quando tornando in Germania da una vacanza veneziana, Heinrich Mann si ritrova a leggere il resoconto della sua permanenza in laguna, scritto dal fratello...
A chiusura di questo pezzo, dato che in apertura avevo citato Gabriel Garcia Marquez, non posso non ricordare anche altri scrittori di cui il Gatalica e' a suo modo, debitore. Di certo del suo connazionale, il geniale, ma disgustosamente nazionalista Milorad Pavic e del suo “Dizionario Cazaro”, quindi Borges e Canetti, fors'anche Musil e Hasek, a tratti Kafka e non manca certa "cattiveria" brechtiana. E mi fermo qui, anche perché, tutto sommato, quando un letterato dalla cultura più o meno enciclopedica, qual e' Aleksandar Gatalica, decide di scrivere un'opera di finzione, va da sé che dentro ci troveremo di tutto.
Un grazie, e concludo, per questo straordinario gioiello alla giovane casa editrice reggiana Diabasis e al summenzionato Silvio Ferrari, ma non pochi meriti ha l'autore della prefazione, lo scrittore di Mostar, Predrag Matvejevic.

Voto 8 

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