Adriana
Pannitteri è una giornalista e lavora al tg1 della RAI dove dal 2001 conduce
anche i telegiornali delle edizioni del mattino. Per il suo esordio come
scrittrice (con Gaffi
Editore) ha scelto un tema difficile, estremamente delicato e, soprattutto,
doloroso. Madri
assassine è il resoconto, lucido ma nello stesso tempo partecipe,
della vita all’interno dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione
delle Stiviere, nel Mantovano, un luogo che un tempo veniva barbaramente
etichettato come “manicomio criminale”.
>Castiglione
è appunto l’unico ospedale psichiatrico in Italia a ospitare le madri che hanno
ucciso i loro figli.
Le donne
uccidono i figli piccoli per il rifiuto della loro progressiva autonomia.
Soltanto le madri, è bene ricordarlo, uccidono i neonati. Per i figlicidi,
quelli che avvengono dopo il primo anno d’età, l’ultimo rapporto
dell’organizzazione mondiale della sanità offre invece una chiave di lettura
tutta sociologica. Le donne uccidono in misura maggiore i loro figli perché
sono più vulnerabili e sole, vivono lo stress di madri e donne lavoratrici, la
svalutazione della loro condizione sociale da un lato e dall’altro l’esigenza
di soddisfare modelli di perfezione che un tempo si chiedevano solamente alle
principesse o alle dive del cinema.
Talvolta le madri uccidono ciò che non sono riuscite ad
amare, la loro stessa identità. Eliminando il loro bambino, spiegano i medici,
è come se cancellassero la loro insoddisfazione ma anche la parte di sé che non
amano, che non riconoscono e che dunque non accettano.
L’autrice, dipanando un racconto essenziale e
privo di facili, pericolosi patetismi, si interroga sul
drammatico vissuto di queste donne, scavando nella loro memoria. Sono
soltanto madri cattive? Oppure la realtà è ben più complessa? Fino a che punto
il termine follia può adattarsi alla loro condizione?
Il figlicidio è uno dei delitti più
abominevoli e apparentemente inspiegabili, ma il merito della Pannitteri
consiste nell’indagare la realtà dei fatti sforzandosi di capire cosa si cela
davvero dietro questi gesti efferati. Scopriamo così che la vera malattia,
nella maggior parte dei casi, è il silenzio, o peggio ancora l’indifferenza di
un familiare, di un marito troppo distratto o addirittura assente.
Accade qualcosa nella loro testa, come un clic nel
cervello, ma prima di quel clic c’è stato sempre qualcosa che gli altri non hanno
capito. Nemmeno i medici. Quelle madri non hanno volti maligni, come pensava
Lombroso, ma solo ombre, battiti di ciglia… chi guarda davvero negli occhi
delle madri che stanno male?
Le storie delle donne
ascoltate dall’autrice
si alternano al racconto immaginario di Maria Grazia, una bambina che ha avuto
una mamma malata di depressione.
Madri assassine è dunque un libro importante, scritto con rigore e
sensibilità. Oltre a proporre un tema di estremo interesse, può aiutare a
capire le cause della sofferenza e condurre una riflessione profonda sulla
pericolosità della solitudine.
Voto
8