Oggi parliamo di caduti. Parliamo di vittime di guerra. Parliamo
degli innocenti sacrificati nella corsa al progresso.
Perché in campo musicale è si la
musica vera e propria ad essere protagonista, ma la poesia che la circonda,
quella che ne alimenta il mito, di qualunque genere musicale parliamo, è fatta
anche di gibson
e fender, di pantaloni di pelle, di video,
di MTV, di manifesti dei concerti, di fan, di
radio e nondimeno di copertine e supporto.
No, non si tratta di una rievocazione elegiaca degli antichi
fasti del vinile;
chi scrive è figlia dell’era dei cd, gli lp per lei
sono perlopiù un vago ricordo d’infanzia.
Eppure qualcosa è successo, in un
passato non troppo lontano; agli inizi degli anni ’50 era sempre rotondo, ma
era nero, il disco di vinile. Era
lucido come una chioma setosa indiana, con quei solchi che diventano
presto microsolchi per rallentare la velocità e trasformare un 78 giri in un 33
giri, ottenendo così un long playing, tre quarti d’ora di musica.
Ma il progresso faceva passi da gigante, e presto si arrivò
ai primi tentativi di stereofonia:
due casse e la possibilità di localizzare gli strumenti a destra o a sinistra
per creare una prospettiva sonora più stimolante
all’ascolto.
Alzarsi per andare a cambiare facciata del disco, ripartito
in lato a in lato b, era sicuramente una gran
seccatura, ma i nostalgici ci troveranno sicuramente qualcosa di rituale e
mitico anche in questo. Parliamo oltretutto di un supporto piuttosto fragile,
che necessita di manutenzione, accortezza e pulizia,
per non parlare della puntina che lo leggeva, delicatissima.
La qualità del suono in compenso è quasi
sempre ottima, proprio per questo negli anni ’80, quando le donne in
fuseaux colorati si affaccendavano a riprodurre gli
esercizi ginnici di Jane Fonda o ballare secondo le ultime mode
cine-televisive, l’arrivo dell’allora scadente formato digitale non le convinse
del tutto. Per la precisione per le musiche di sottofondo ai loro balletti
queste ragazze si avvalevano quasi sempre di cassette,
altro oggetto di odierno culto che però ha avuto vita leggermente più lunga
dell’lp.
In questo caso c’è da ricordare un dialogo di “Grindhouse
Death Proof” di Tarantino, dove una
ragazza rivela alle amiche che lo spasimante gli ha
regalato una cassetta. Loro: “Wow! Davvero ti ha fatto una cassetta? Non un cd!
Una cassetta! Che romantico!” . In
effetti immaginare un innamorato pazientemente alle prese con il
registratore è molto più commovente di un ragazzo che si spiccia in un quattro
e quattrotto al computer con la nuova versione di
Nero Burning Rom.
Fidanzate o amici, ai tempi non era possibile scambiarsi copie di lp o creare
velocemente compilation. L’unica alternativa
era fare una cassetta; mettere l’lp sul piatto, registrare, fermare, cambiare
disco, fermare e così via. Poi si scrivevano i nomi dei pezzi a penna nella
custodia trasparente, anche lì lato a e lato b, si
metteva un titolo sul dorso e si regalava al compagno di schitarrate. Anche in
questo caso l’audio era piuttosto riprovevole, influenzato da suoni ambientali
spesso, ma il tutto aveva la sua carica emotiva, come abbiamo visto, e in ogni
caso l’ufficialità era comunque rappresentata dal
vinile.
E così dopo anni passati a mettere lp sul piatto,
registrare, fermare, cambiare lp, ora arrivava questo nuovo ritrovato della
tecnologia, questo compact disc, con tutti i suoi vantaggi e svantaggi dati dalla dimensione: occupa meno spazio ma che fine hanno
fatto le grandi e spaziose copertine? Quei capolavori di Pop Art firmati Warhol (basti
pensare a un paio di copertine che il vecchio Andy realizzò per i Rolling
Stones o la celeberrima banana per i Velvet Underground),
l’eterna mongolfiera in bianco e nero sulla copertina dei Led Zeppelin ma anche semplicemente
l’immagine del musicista chiara e incisiva, una sorta bigliettone da visita che
lasciato lì sul tavolo era persino indicativo della personalità del padrone di
casa, mentre i Cd sparpagliati adesso fanno solo disordine. Si copiano con
facilità, i compact disc, a parte etichette
particolarmente paranoiche che tempo fa inserivano meccanismi per impedirne la
duplicazione, però sono in pochi quelli che si preoccupano di riprodurre con la
meticolosità di un cinese tutto il prodotto. Spesso è un cd di quelli argentati
con una scritta a pennarello sopra in una bustina di plastica.
E’ il progresso, e non c’è più posto per l’immagine grande e
la scritta cubitale. La copertina oramai è solo un simboletto rappresentativo.
Tra poco, si dice, non ci sarà nemmeno più spazio per quella
misera immagine, visto che le etichette preferiscono vendere il disco pezzo per
pezzo su internet, in alcuni casi consentendo anche
una piccola anteprima della canzone. Probabilmente non sarà questo a
scoraggiare chi scarica la musica in modo illegale (avversato giustamente dalla
F.P.M.
Federazione contro la pirateria musicale), ovvero gran
parte della popolazione giovanile. Comunque la si
pensi in proposito, è normale per un ragazzo di oggi, che ama la musica,
cercare di procurarsene il più possibile col minor dispendio economico. I Cd
costano troppo, l’intera paghetta di una settimana, scaricare canzone per
canzone a un euro su internet implica un accesso alla
carta di credito che non è esattamente immediato per molti ragazzi, e comunque
comporterebbe eventualmente il trasferimento dei brani su un cd vero e proprio.
A questo punto molti decidono che non ne vale la pena, specialmente in questo
periodo di transizione che vede l’I
pod nuovo supporto.
E’ indubbiamente comodo: lo si può
portare ovunque e aggiornare con facilità, operare persino la selezione di
playlist con i propri prezzi prediletti. Purtroppo non ha capienza infinita,
quindi viene usato più come lettore che come deposito
(quello spesso è il computer o ancora una volta i cd) e, a meno che non si
proceda all’acquisto di casse apposite, lo si può sentire solo dalle cuffiette.
A questo punto è interessante notare come il supporto ha man
mano influenzato i musicisti nella realizzazione delle loro opere: quando
avevano massimo tre quarti d’ora a disposizione non
avevano scelta: o facevano un numero di pezzi esiguo che potesse rientrare nel
tempo o facevano un doppio, aumentando il numero dei brani previsti.
Il Cd, molto più spazioso, al contrario ha costretto molti
artisti a inserire delle tracce che in fin dei conti
si sono rivelate dei veri e propri “riempitivi”.
Con la musica su internet si è ovviato a questo problema:
band come The Styles agiscono secondo questo processo: scrivono la canzone, la
registrano, la vendono on line.
Il loro Cd è uscito nei negozi da poco, ma i pezzi erano già
in vendita su internet singolarmente, secondo gli intenti della band che non si voleva sentire vincolata a registrare le
classiche 12-16 tracce inserendo magari anche roba superflua.
Interessante notare la tendenza di molti artisti che decidono di svincolarsi
proprio grazie alla rete dal giogo delle major discografiche,
permettendo di scaricare gratis le proprie canzoni oppure contando su una
donazione spontanea dei fan e guadagnando esclusivamente sui live.
Il progresso insomma continua la
sua corsa ma i cultori del vinile esistono ancora: sparsi in Italia esistono
ancora negozietti di vintage, prosperano le fiere del disco raro e da
collezione, senza dimenticare che grandi librerie come la Feltrinelli di Napoli hanno spesso
una piccola sezione dedicata agli lp. Giradischi moderni a cercarli si trovano,
le puntine molto di meno e a prezzi esorbitanti. Ogni tanto qualcuno predice il
ritorno del vinile, e più di un musicista ha fatto uscire la sua ultima fatica
proprio in questo formato.
Solido, pesante vinile nero contro la natura effimera di
sfuggevoli impulsi elettrici.
Voto
7 +