Youth - La Giovinezza
di Paolo Sorrentino
Nel segno della bellezza
Gli European Film Awards, premiano l’opera come miglior film europeo, Sorrentino come miglior regista, Michael Caine, come miglior attore e premio alla carriera
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Difficile che Bruce Springsteen abbia scritto Born to run pensando a Paolo Sorrentino, ma di sicuro il regista partenopeo continua imperterrito la sua (assolutamente riconoscibile)corsa verso la bellezza. E, parallelamente quella verso il successo. Se infatti sulla Croisette c’era stata un pizzico di delusione per non aver vinto l’ambita Palma D’Oro, il film Youth" - La Giovinezza si è già preso la sua rivincita. Continua a mietere consensi Paolo Sorrentino, che ormai da tempo riposta nel cassetto la non affermazione all’ultimo Festival di Cannes, dove il film era in concorso, si toglie la
soddisfazione di trionfare con lo stesso titolo agli Efa 2015 a Berlino. E lo fa alla grande, visto che l’European Film Awards, che di fatto è un po’ l'equivalente europeo degli
Oscar, ha conferito a Youth il premio come miglior film europeo e a Sorrentino
quello di miglior regista. Ma non basta, visto che uno dei due protagonisti della pellicola, Michael Caine, già premiato alla carriera, è stato assegnato anche quello come miglior attore. Anche dal punto di vista
scaramantico il regista napoletano dovrebbe essere messo bene, visto che due anni fa, il suo La
grande bellezza, che in seguito dette all’Italia la soddisfazione
dell’Oscar, iniziò a farsi valere proprio agli Efa. Speriamo che la storia (di successo) si ripeta con questo film che a un’estetica raffinata, una ricchezza e a una profondità (anche intima) della fotografia (di Luca Bigazzi) e a una storia azzeccata e ricca di spunti, accoppia l’illuminata e suadente colonna sonora realizzata dallo storyteller statunitense Mark Kozelek, che dopo aver guidato (negli anni Novanta) i Red House Painters, dimostra grande talento e ispirazione anche come solista e compositore.
Sorrentino, come al solito, è un
maestro nel far emergere l’anima dei personaggi, nel giocare con gli attori e le citazioni, nel dipingere stati d’animo. E, anche nell’ affrontare un tema scomodo, come la vecchiaia, non cede alle suggestioni del
solito viale del tramonto. E in questa opera onirica in veste cinematografica esalta
le riflessioni dei due protagonisti: il famoso compositore e direttore d’orchestra Fred Ballinger (interpretato da un convincente Michael Caine),
e il regista hollywoodiano Mick, che invece vede il sempre intenso Harvey Keitel tentare di realizzare il bilancio della sua parabola artistica e della sua vita.
La Svizzera del cantone dei Grigioni,
attraverso il resort sulle Alpi (Waldhaus, che per gran parte del plot fa da sfondo dinamico (non semplice contenitore, ma quasi un’ambientazione pittorica) alla storia, si trasforma in uno specchio in cui Caine & Keitel, ma anche gli altri personaggi, fra cui la bellissima Rachel Weisz (perfetta nei panni di Miss Universo), un’ancora decisamente charmant Jane Fonda, un convincente Paul Dano (e soprattutto gli spettatori) si trovano a riflettere sulla giovinezza e la
vecchiaia, che per una volta non sono agli antitesi, ma piuttosto rappresentano
stazioni diverse di un tragitto alla scoperta della bellezza. Interiore ed esistenziale. Le emozioni (anche quelle) diventano un viatico per ricordare, per scatenare i sentimenti e la vita sembra (anche e forse più, con
l’avvicinarsi del momento del suo compimento) un viaggio che vale la pena
assolutamente di compiere. Forma o sostanza? Poco importa: l’unico
rifugio è la bellezza.
Voto
8
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