Ritorna nel cinema lo scontro tra scienza e criminalità evidenziando l'impercettibile confine che separa la razionalità dalla geniale follia; l'esempio più emblematico è "Il Silenzio degli Innocenti" di Johnatan Demme con cui "The Cell" ha molto da spartire. Nel film di Tarsem, infatti, è come se la psiche diabolica di Hannibal Lecter acquistasse un campo visivo. Da qui è facile capire come la forza del film sia tutta nel vorticoso turbine di immagini che si susseguono senza seguire una precisa collocazione spaziale o temporale. E' la psiche di un folle omicida, stuprato , da piccolo, da un padre padrone, così i ricordi di sottomissione e sofferenze si sovrappongono all'esasperata creatura del male che ora, il criminale crede di rappresentare. Tarsem, cineasta indiano di video clip muove con abilità la macchina da presa, utilizzando molto le carrellate e le riprese in steadycam , cosa che incide favorevolmente sulla fluidità del film. L'aspetto più convincente della sua regia, che paradossalmente viene considerato il punto debole da parte dei detrattori della pellicola, è soprattutto il riferimento di Tarsem all'iconografia sia del bene che del male il più stereotipata possibile. Luoghi sacri che propongono addirittura Jennifer Lopez come la Vergine Celeste si fondono a serpenti, topi, mostri e diavoli fortemente caricati al punto da farli apparire come personaggi di una favola. In effetti, l'epilogo del lungometraggio (che non sveliamo) fa leva proprio sul regresso infantile. Non è uno slogan definire quindi "The cell" come il primo "Psycho thriller" del Nuovo Millennio. E Jennifer Lopez, come prima vera star del terzo millennio.