Che risate e psicanalisi fossero un binomio vincente lo si è già intuito con Terapia e pallottole, ma Terapia d’urto rincara la dose sul versante della tecnica psicoterapeutica con risultati spesso esilaranti. Ma veniamo alla storia: Dave Buznik è un insicuro trentacinquenne fin troppo mite ed educato, al punto da sbrigare tutto il lavoro pesante per il suo diretto superiore per consentirgli di usurpare il frutto della sua fatica e da non riuscire a decidersi a sposare la sua fedele fidanzata: Il buon Dave è infatti letteralmente succube del prossimo, tanto che in aereo, oltre a dover cedere il proprio posto, non riesce a farsi ascoltare dalle hostess e, in seguito ad una surreale successione di malintesi si ritrova in tribunale, accusato di aggressione e punito con una serie di sedute per il controllo della rabbia con il Dr. Buddy Rydell, un vero guru del settore. Inizialmente il povero Dave spera di cavarsela con un simbolico atto di presenza, ma un comico concatenarsi di malintesi gli allunga la ‘pena’ a trenta-giorni-trenta di terapia full time al fianco del Dr. Rydell, che si muove sulla sottile linea che separa uno psicoterapeuta dai modi estremi da uno psicopatico tout court: una terapia d’urto ventiquattro ore su ventiquattro che si rivelerà un vero incubo per il malcapitato paziente per caso. I metodi non proprio ortodossi di Rydell col passare dei giorni daranno però risultati efficaci: Dave Buznik, sbrigliata la sua ingarbugliata matassa esistenziale, riuscirà a dare una svolta alla propria vita, a fare il gran passo con la fidanzata di sempre ed a sbottare in qualche salutare accesso di rabbia troppo a lungo repressa. Terapia d’urto è una commedia basata sul classico duetto tra due personalità agli antipodi, anche sul fronte recitativo: particolarmente brillante la performance del solito Jack Nicholson nei panni del luciferino Dr. Rydell, ma anche Adam Sandler se la cava discretamente. Da segnalare le numerose guest stars che si sono prestate a gustosi cammeos nel film di Peter Segal: dal turbolento John Turturro al gay iracondo di Luiz Guzman, dal travestito di Woody Harrelson al bonzo buddista di John C. Reilly, dall’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani fino al rabbioso per eccellenza dei campi di tennis, il mitico John McEnroe. Da segnalare la succosa gag della strana coppia di protagonisti che, per scaricare la rabbia, canta a due voci I feel pretty (da West Side Story) in macchina causando code di auto (e d’improperi) al loro indirizzo, molto divertente nonostante fosse già stata utilizzata in modalità diverse in Un boss sotto stress. Il melenso happy ending buonista non riesce a rovinare una commedia nel complesso davvero divertente ma fa arrabbiare non poco. Che lo sceneggiatore l’abbia fatto apposta per costringerci a sottoporci ad una terapia d’urto? In tal caso provate a recitare l’improbabile mantra anti-rabbia d’origine tibetana sperimentato dal Dr. Rydell in persona e ripetete più volte “Gus fraba”, vi calmerete subito...

Voto 7