Un marito ideale
L'importanza di chiamarsi Ernest
Il film di Oliver Parker è un delizioso allestimento cinematografico della più riuscita delle cosiddette society plays di Oscar Wilde, ovvero Un marito ideale, andata in scena per la prima volta il 3 gennaio del 1895. Parker torna alla macchina da presa portando nuovamente in scena un testo teatrale dopo Otello, il suo lavoro d'esordio del 1995. Oscar Wilde, da bravo dandy politically correct sarebbe stato assai lieto dell'ottica di rilettura del suo testo scenico: non a caso il protagonista latente del film di Parker è decisamente Lord Goring, ovvero il prototipo del perfetto dandy, disinpegnato, gaudente interiormente, spesso preso a parlare dell'argomento più in voga nelle serate mondane, ovvero il niente - che tra l'altro è l'unica cosa di cui il personaggio è disposto ad ammettere d'intendersi davvero -. Parker ha perfino scelto di chiamare in causa lo stesso autore in una riuscita inserzione del film inventata di sana pianta: i protagonisti sono a teatro ad assistere ad una rappresentazione de L'importanza di chiamarsi Ernesto (successiva rispetto a Un marito ideale), e Wilde sale sul palcoscenico in 'carne e celluloide' per ringraziare un pubblico che all'epoca per la verità comprese ben poco della commedia sperimentale rappresentata. La pièce prende avvio dal ricevimento iniziale nella rispettabile magione del rispettabile baronetto Sir Robert Chiltren, classico gentiluomo anglosassone in carriera, trasparente al cento per cento, apprezzato in società e marito ideale per la moglie, Lady Chiltren. Il caso vuole che invece Sir Robert nasconda un infamante segreto nel cassetto, e relativo nientemeno che all'origine della sua fortuna economica, che gli ha poi consentito la scalata ai più alti incarichi politici. Purtroppo la perfida Mrs. Cheveley ha scoperto il suo scheletro nell'armadio ed ha perfino le prove: una lettera compromettente che offre al baronetto come merce di scambio insieme al proprio silenzio. Un ricatto in piena regola con quale la donna intende comprare l'appoggio di Sir Chiltren per una speculazione economica cui lui si è dichiarato contrario pubblicamente. L'inquietudine di Chiltren verso la propria rispettabilità è comunque inferiore al timore di deludere l'irreprensibile moglie. Ad incanalare tutti i destini (compreso il suo) verso l'inevitabile happy ending provvederà però Lord Goring, dandy disincantato ma unico vero filosofo in scena: alla fine i suoi sforzi ricreano l'armonia originale e fanno perfino fioccare fiori d'arancio. Il viatico verso il finale è ricco di verve satirica ed illuminato sapientemente dai sempre stringenti aforismi wildiani: Parker fa il resto dirigendo con brio un cast davvero all'altezza - soprattutto Everett nel ruolo del dandy disincantato, tagliato su misura per lui - ed imprimendo alla successione scenica un ritmo spumeggiante.
Un marito ideale - An ideal husband, regia di Oliver Parker, con Jeremy Northam, Rupert Everett, Cate Blanchett, Minnie Driver, Julianne Moore; commedia; Gran Bretagna; 1999; C.; dur. 1h e 37'
Voto
7½