Non
è facile abituarsi improvvisamente all'idea che il socialismo è caduto cedendo
il passo al capitalismo selvaggio con la caduta del muro di Berlino, non è
semplice soprattutto per una fervente socialista, in particolare dopo un coma
profondo indotto da infarto al miocardio che l'ha fatta dormire per gli otto
mesi del traumatico trapasso politico. E' per questo che Alex, il figlio devoto
della signora in questione – la signora Christiane Kerner, rifugiatasi
nell’attivismo politico per superare l’abbandono del marito, fuggito all’Ovest
anni prima – per evitare lo shock fatale al debole cuore materno,
improvvisa un vero e proprio congelamento della storia, attuando un’articolata
farsa a fin di bene che finirà per coinvolgere anche la sorella, gli amici del
condominio e del quartiere. Good bye, Lenin! è un'intrigante commedia
dotata di sprazzi drammatici che ricorda nell'impianto e nell'ambientazione
‘operaia’ varie commedie inglesi, da Grazie, Signora Thatcher a Billy Elliot, mentre
per quanto riguarda lo stile di regia il film di Wolfgang Becker pare attingere
non poco al cinema di Cédric Klapisch, in particolare a L'appartamento spagnolo.
Good bye, Lenin! riesce a parlare di eventi politici che hanno
cambiato il corso della storia con leggerezza e sorprendente freschezza,
grazie al punto di vista del personaggio principale, quello di Alex, un
adolescente costretto da un tragico caso familiare a crescere come uomo nel bel
mezzo di un cambiamento che sta snaturando la società come la conosceva, una
prospettiva in cui viene immediato identificarsi. Gli sforzi titanici del
ragazzo per far sì che la madre non si accorga che il suo mondo è sfumato
ingloriosamente nel nulla colpiscono per la forza (talvolta comica e grottesca)
dei dettagli, come la continua cerca della marca preferita dei cetriolini della
madre, scomparsi sotto la valanga di marche note del consumismo più sfrenato:
curiosamente oggi gli “Spreewaldgurken” (i famosi cetrioli provenienti dall’hinterland berlinese) oppure il “Rotkäppchensekt” (noto spumante della DDR)
sono divenuti prodotti di qualità, venduti con successo anche nei supermercati
dell’Ovest. Sul fronte delle invenzioni ‘revisioniste’ Alex raggiunge invece il
culmine filmando insieme al suo migliore amico, collega di lavoro in una ditta
specializzata nell’installazione di antenne satellitari, finti telegiornali
della “Aktuelle Kamera” (telegiornale a reti unificate della Germania Est):
compresa l’esilarante edizione (fittizia) in cui il primo astronauta tedesco
della “DDR” nello spazio, Sigmund Jähn, grande idolo d’infanzia di Alexander
fin dal suo volo nel 1978, diventa per l’occasione finto segretario dello stato
per un giorno per annunciare l’apertura del regime e proclamare la
riconciliazione con i nemici di classe dell’Ovest. Notevole l’apice lirico ed
ideologico di Good bye,
Lenin!: la statua bronzea di Lenin trainata via dal suo posto
nell’Alexanderplatz da un elicottero, diretta verso il sole calante (non il
sole dell’avvenire) davanti allo sguardo attonito di Christiane, uscita di soppiatto
dall’oasi protetta della sua stanza dopo un oblio durato mesi, quasi un
simbolico saluto del regime socialista ad una delle sue più fervide attiviste.
Al regista Wolfgang Becker è riuscito quello che, da più di dieci anni da
questa parte, gli intellettuali tedeschi, compreso il nobel per la letteratura
Günter Grass, hanno tentato invano: far rivivere quei drammatici mesi della
storia tedesca fra il novembre del 1989 (la caduta del muro)
e l’ottobre del 1990 (la riunificazione dei due stati tedeschi). Mettendo in
scena il dramma di quegli eventi della rivoluzione tedesca quasi ‘miracolosa’
in quanto non violenta che portò all’unità nazionale della Germania, questo
film è tanto più ammirevole, in quanto evita di cadere nei soliti luoghi comuni
che circolano ancora oggi (di solito pregiudizi) sul conto degli “Ossis”
(tedeschi dell’ex-Germania Est), come pure dei “Wessis” (tedeschi della
Germania Ovest), denunciandoli apertamente in una scena centrale di Good
bye, Lenin!. Pur commuovendo a tratti, la pellicola non risulta mai
patetica né fa mai ricorso a vuote formule retoriche: non è neppure un film
sulla cosiddetta “Ostalgie”, cioè
la nostalgia per il regime comunista pur sempre totalitario, ma capace di
restituire ai cittadini dell’ex-Germania Est quella dignità che la troppo
frettolosa riunificazione tedesca rischiava di sotterrare, ricordandoci tramite
i filmati ‘personalizzati’ che la storia viene costruita da noi o, meglio, come
direbbe Francesco De
Gregori, la storia siamo noi, la storia è anche nelle nostre mani:
sicuramente in quelle di Alex, capace di tenere in vita uno stato ed
un’ideologia scomparsi in modo mortificante, e poi ‘assecondare’ la
riunificazione delle due Germanie concedendo all’ex-DDR la fine politicamente
dignitosa che le ragioni delle storia le hanno negato. Assolutamente da non
perdere.
Good Bye, Lenin! (Good Bye, Lenin!), regia di Wolfgang Becker, con Daniel Brühl, Katrin Sass; commedia; Germania; 2002; C.; dur. 1h e 51'
Voto
7½
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