Amatemi
La prima linea

Prendiamo la classica vecchia storia d'amore iniziata sui banchi di scuola e morta per asfissia sentimentale una volta approdata all'età adulta: se è il lui della situazione a decidere a malincuore per la separazione, sarà il mondo della lei della situazione a finire in frantumi per asfissia di abitudini relazionali. Amatemi racconta come la protagonista cerca di razionalizzare la fine di una storia durata una vita, riconcepire se stessa, e quindi rimettersi in gioco in cerca di un grande amore senza l'ossessione di trovarlo a tutti i costi, disposta a 'sperimentare' lati di sé mai percorsi prima. Fino al punto di lasciarsi andare ad un istantaneo rapporto con un amante lungamente vagheggiato ed addirittura sedotto nella completa ignoranza della sua identità anagrafica: il pensiero ricorrente di un uomo per lei impossibile da ritrovare, lungi da scoraggiarla, la indurrà al contrario ad offrire possibilità - quando tentativi coerenti sul versante sentimentale, quando meri appagamenti erotici - ad altri amanti, senza l'ossessione che debbano divenire compagni, prendendo semplicemente il meglio che hanno da offrirle, con una serenità sottolineata nel collage conclusivo. Un soggetto simile, ça va sans dire, in effetti sulla carta appare scontato in modo quasi debordante, ma le modalità con cui il regista Renato De Maria lo svolge, incredibile a dirsi, riescono a renderlo piacevole, per certi versi perfino originale. In Amatemi è in particolare la confezione visiva a funzionare (da sottolineare l'avvolgente fotografia) e ad illuminare al meglio la trama, supportata da un ritmo pimpante ma in grado di offrire significative pause di riflessione: il film inoltre si lascia guardare anche per la sua capacità di alternare registri diversi (dal drammatico al grottesco) amalgamandoli con un pizzico di surreale. Da segnalare anche la buona prova della protagonista. Una gradevole sorpresa.

Voto 7