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  24/04/2024 - 10:02

 

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Oasis
Regia: Lee Chang-dong
Un melodramma emozionante. Cast: Sol Kyung-gu, Moon So-ri
Corea del Sud, 2002, 35 mm, colore, 132'

 




                     di Matteo Merli


Di sicuro Lee Chang-dongè una delle voci più importanti della cinematografia del suo paese E con questo film si consacra autore di prima grandezza, da inseguire e amare. Peccato che adesso sia diventato Ministro della cultura e che dedicherà meno tempo al cinema, ma quello che conta è recuperare i suoi due film passati, autentiche pellicole che testimoniano un talento visivo unico.

Oasische è stato presentato in concorso all'ultimo Festival di Venezia racconta di Jong-du che è uscito di galera dopo una pena detentiva di due anni e mezzo per aver investito un uomo guidando in stato di ebbrezza. Incapace di adattarsi alle consuetudini sociali, viene allontano dalla sua famiglia; allora decide di far visita ai parenti dell'uomo morto nell'incidente d'auto. S'imbatte in Gong-gu, la figlia della vittima che è gravemente handicappata. Gong-gu è confinata in casa da sola, dal momento che suo fratello e la moglie si sono trasferiti in una nuova casa. Jong-du va spesso a farle visita, circondandola di attenzioni e premure. Un giorno l'uomo abusa sessualmente di lei, ma inaspettatamente questo comporta una forte consapevolezza della donna: visto che nessuno l'aveva mai desiderata prima. Gli incontri frequenti fra i due amanti vengono scoperti dalla famiglia di lei, che fa arrestare Jong-du per stupro. Il loro amore vivrà oltre le convenzioni e l'ipocrisia delle persone che li circondano, che costituiscono un ostacolo al raggiungimento della loro felicità. L'oasis del titolo è quella zona immaginaria che porta i due protagonisti verso un sentimento osmotico che abbraccia la loro esistenza come una forza immaginifica. Il terzo lungometraggio di Lee Chang-dong, regista e sceneggiatore che ha un passato da romanziere, esordisce nella settima arte nel 1996 con Green Fish, storia di tre personaggi alle prese con l'amore e la violenza della metropoli, che dimostra una certa abilità nel comporre le immagini, che arriva all'attenzione della critica internazionale con Peppermit Candy (1999),che racconta con impietosa drammaticità l'evoluzione del protagonista attraverso la storia di un paese attanagliato da una guerra civile che annulla i sentimenti dell'individuo. Il cinema di Lee Chang-dong riesce a essere profondo, toccante senza cadere nel ricatto, capace di dare vita ad una sinfonia dell'animo che ci porta vicino alle impalpabili emozioni dei due protagonisti, che liberano un grido di libertà, svincolato da connotazioni sociali, ma sempre vicino all'umano come imprescendibile verità. La macchina da presa cerca sempre di costruire un quadro ampio della scena, per fare respirare i corpi in momenti drammatici sempre suggellati da un controllo misurato dei tempi narrativi. Riesce a planare con piani sequenza quasi invisibili tra le relazioni dei personaggi senza forzature e senza preconcetti, dando vita ad una visione del reale toccante e coinvolgente per lo spettatore. L'attore Sol Kyung-gu è bravo a vestire i panni di Jong-du , che colpisce per le sue smorfie e bontà d'animo; mentre l'attrice Moon So-riè notevolmente brava nell'immedesimarsi nella parte, che sembra di vedere una persona handicappata a tutti gli effetti, giustamente premiata con il premio Marcello Mastroianni alla miglior attrice emergente all'ultima Mostra del Cinema di Venezia .
Un opera che colpisce al cuore quella di Lee Chang-dong, che fortunatamente si può recuperare nelle nostre sale, speriamo anche nelle eventuali rassegne nei cineclub, che dimostra ancora una volta la vitalità del cinema coreano: spregiudicato, vero, palpitante. Non fatevelo scappare.

Voto 9 

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