Dopo il grande successo al MAXXI
di Roma e al PAC di Milano, la retrospettiva dedicata al fotografo Ugo Mulas (1928 –
1973) viene ospitata alla GAM di Torino
con un’ulteriore sezione, rispetto alle esposizioni precedenti, composta da
circa 100 inedite pellicole a colori che l’artista realizza contestualmente al
bianco e nero e che ora è possibile vedere grazie al lavoro di selezione e di
ricerca svolto con l’Archivio Mulas.
La mostra, curata da Pier
Giovanni Castagnoli, Lucia Matino e Anna Mattirolo, offre numerosi spunti di riflessione sull’uso
del mezzo fotografico da parte di Mulas,
il quale giunge alla fotografia quasi per caso e da autodidatta alla fine degli
anni Quaranta, quando inizia a frequentare a Milano l’ambiente dell’Accademia
di Brera, nonostante avesse iniziato la Facoltà di Giurisprudenza, e il bar Jamaica, luogo di ritrovo di intellettuali e di artisti e luogo
fondamentale per l’attività professionale e la vita privata di Mulas. Proprio in questo storico bar, infatti, il giovane Mulas stringerà
amicizia con Petrino Bianchi, il quale gli aprirà la
strada per collaborazioni stabili con testate giornalistiche come “Settimo
giorno” e “Illustrazione italiana”, e qui incontrerà nel ’58 Antonia
Buongiorno, colei che diventerà presto sua moglie e compagna di lavoro,
affiancandolo nella gestione di uno studio fotografico professionale. Mulas intuisce, sin da subito, che l’essere fotografo in
quegli anni Cinquanta significasse fornire una testimonianza critica della
società del secondo dopoguerra. E non a caso i suoi primi soggetti tra il ’53 e
il ’54 sono le periferie milanesi, la Stazione Centrale
di Milano e gli amici del bar Jamaica.
A queste prime sperimentazioni
documentarie visive segue un impegno nel mondo della pubblicità e della moda,
come testimonia la collaborazione con la stilista Mila Schon, e un
avvicinamento, tra il ’56 e il ’57, al settore dell’architettura contribuendo
ai servizi fotografici della rivista di settore “Domus”.
Nei primi anni Sessanta Mulas matura il progetto di realizzare un reportage
dedicato interamente alla scena artistica italiana ed internazionale. L’occasione
per tradurre su pellicola fotosensibile la sua idea si presenta nel 1962 durante
l’evento estivo internazionale di Spoleto “Sculture nella città”. Numerosi sono
gli incontri di Mulas con artisti di alto livello quali Alexander Calder, Pietro Consagra e David Smith. L’esperienza di Spoleto è lo spunto
per Mulas per la pubblicazione nel ’64 di un libro
sulla scultura , dove il fotografo racconta il lavoro
dell’americano Smith nella fabbrica di Voltri.
Da questo momento il rapporto tra
Muals e la scena artistica sarà sempre più stretto ed assiduo in particolare
dopo la biennale di Venezia del ’64 quando al grande pubblico europeo viene
presentata la Pop Art
americana , che Mulas inizierà a documentare attraverso
pregnanti e sintetici ritratti fotografici dei suoi protagonisti quali Andy Warhol, Jasper Johns,
Robert Rauschenberg, Roy Lichtenstein
e tanti altri. La collaborazione con il critico Alan Solomon
e il mercante d’arte e gallerista Leo
Castelli permette a Mulas di iniziare una serie
di viaggi negli Stati Uniti, che culmineranno nel ’67 con la pubblicazione del
volume “New York: arte e persone”.
Mulas
continua ad approfondire il genere del ritratto utilizzando come soggetti i
protagonisti della scena artistica: dai critici ai galleristi, dai
collezionisti agli artisti, fissati secondo le forme del reportage (Adami, Giacometti, Manzoni),
delle foto in studio, luogo magico per l’ideazione e la creazione (De Chirico,
Moranti, Giulio Carlo Argan, Peggy Guggenheim) e nella forma
quasi dell’istantanea che ferma l’attimo fuggente dell’atto – segno creativo
(Burri, Fontana).
Alla fine degli anni Sessanta Mulas canalizza l’interesse verso la sperimentazione
sull’immagine fotografica nei diversi settori della comunicazione visiva,
realizzando opere destinate non solo alle riviste illustrate, ma anche alle raccolte
in libri e cataloghi (“Campo urbano”, “Melotti”, “Calder”
“Vitalità del negativo”); in grandi provini (Johns,
Newman, Noland); in cartelle fotografiche come quelle
su Duchamp, Fontana e Montale e in scenografie teatrali (“Wozzeck”,
“Giro di vite”).
L’ultima stagione creativa di Mulas, oramai gravemente malato, è scandita
dall’esplorazione del mezzo fotografico, inteso in senso lato,
attraverso una radicale e approfondita analisi del lavoro svolto in venti anni
d’attività alla luce della rilettura della storia della fotografia. Questa lucida
disamina critica è raccolta nella serie “Verifiche” (1970 – ’72) che si può
considerare come una sorta di testimonianza – testamento della profondità e
della costante riflessione sull’uso della fotografia, che ha accompagnato Ugo
Mulas durante tutto il suo percorso creativo.
Info: “Ugo Mulas. La scena dell’arte”, mostra
a cura di Pier Giovanni Castagnoli, Lucia Matino,
Anna Mattirolo.
GAM – via Magenta, 31 – Torino –
Orario: da martedì a domenica ore
10,00 – 18,00; la biglietteria chiude un’ora prima.
Ingresso: intero 7,50 euro;
ridotto 6,00 euro.
Informazioni: tel. 011/ 4429518 –
www.gamtorino.it
Catalogo Electa
Dal 26 giugno al 5 ottobre 2008
Voto
8