Philippe Hérard propone a Firenze la sua prima personale italiana. Lo street-artist francese dopo aver presentato on line il 18 settembre 2020 la sua esposizione con una diretta facebook sulla pagina facebook.com/institutfrancais.firenze e firmato le copie del suo libro/catalogo alla Librairie française de Florence, Hérard ha inaugurato la sua personale alla @B.east Gallery (n via di Mezzo 42 - Firenze), dove 35 delle 56 opere saranno esposte fino al 19 dicembre 2020.
Per l'occasione, la B.east Gallery ha invitato diversi altri artisti quali @whoisnemos, @levalet.art a riaprire alcune delle finestre e porte murate di #Firenze. Ma torniamo a Philippe Hérard che a Firenze mette in mostra i lavori che ha ha realizzato durante i 56 giorni di lockdown francese. 1 opera al giorno per svelare l’universo poetico e figurativo dell’artista che anche nella mostra fiorentina, a cura di Yan Blusseau, ci appare pervaso di una lenta e solitaria malinconia. Opere specchio di un’estetica della sospensione, dell’isolamento, appunto.
L'artista, che scherzando, ha dichiarato che erano 30 anni che si preparava al lockdown, con questa sua mostra Isolement comunica allo spettatore una riflessione, una meditazione sulla solitudine. La descrizione di una condizione subita, forse da sempre anche un po’ voluta… occasione di scoperte e nevrosi contemporaneamente. Più il soggetto è isolato, più il mondo penetra, in modo subdolo o dirompente: compare, nel chiuso dell’isolamento domestico, una mucca in corridoio – un uomo galleggia nel suo mare di pensieri, seduto su una sedia impugnando un remo – un altro, visto di spalle alla finestra, in stile balneare, lascia intuire lo sguardo malinconico rivolto all’esterno. Ugualmente enorme è l’attenzione agli oggetti: la scatola, l’inscatolarsi, il chiuso della casa-scatola, la mente-scatola. E poi salvagenti e altri oggetti, di tutti i giorni, costretti però sempre all’universo domestico. In questa dimensione tesa e a volte paranoica o surreale, tutta giocata su sé stesso, Hérard recepisce gli eventi della vita con tratto quasi illustrativo, la tecnica è mista, alcuni giorni virano al blu, altri al verde, al giallo o al nero… tratti decisi e qualcosa di solamente abbozzato, rendono i lavori dinamici nella loro staticità, le prospettive personali non seguono schemi precisi, palette di colori pochi-ma-decisi, rendono le opere efficaci e di impatto.
Hérard si introduce al lockdown gonfio di paura, con un’opera cupa, il ritratto di un uomo che si copre il volto, sbirciando con un occhio solo, tra le dita semiaperte: il lavoro finisce con una dolce maternità, una madonna degli scatoloni. Le opere di Philippe Hérard diventano un’esperienza originale per la comprensione del periodo storico appena trascorso: un’arte che funziona, senza dover per forza provocare e che, per conquistarsi spazi di creatività, non chiede la grancassa di eventi gonfiatissimi in tutti i sensi, costi compresi.
Voto
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