Fra i meriti di un evento azzeccato, come la mostra
patrocinata da Città Metropolitana di Firenze, con il contributo della
Regione Toscana e la produzione e l’organizzazione di MetaMorfosi
è quello di aver acceso i fari su un artista toscano, classe 1933, che
merita di essere storicizzato con ancora più enfasi e conosciuto dal
grande pubblico. Stiamo parlando di Paolo Buggiani, l’ottantaquattrenne
creativo di Castelfiorentino le cui visionarie e provocatorie opere imperlano e
danno dinamicità alla mostra Made in New York. Keith Haring, Paolo Buggiani and Co. La vera origine della Street Art, che dal 26 ottobre 2017 al 4 febbraio 2018 si tiene nelle sale di Palazzo Medici Riccardi. In
realtà è tutto merito di questo collezionista ante litteram se l’evento fiorentino
curato da Gianluca Marziani ha avuto luogo. E’
stato infatti Buggiani a intuire il potenziale del genio della pop art e
scommettere immediatamente su di lui quando conobbe Haring b nella New York dei primi
anni Ottanta. L’idea di Buggiani di strappare dai muri e tenere di conto
le prime opere che Keith realizzò in quel periodo disegnando i suoi tag con i gessetti sui fogli neri delle affissioni che
coprivano le pubblicità scadute, si rivela infatti una fonte interessante
per testimoniare le origini artistiche dell’artista americano. Questi suoi
subway drawing, realizzati nella metropolitana di New York tra il 1981 e il
1983 e alcune delle sue primissime creazioni giovanili in cui usa il colore,
sono infatti un punto da cui partire per approfondire la conoscenza con questo
illuminato vate della street art. Ma, come dicevamo, sono le
opere di Paolo Buggiani a fare la differenza in questa mostra fiorentina. Si
parte dalle due auto customizzate decisamente alla Mad Max nel cortile di
Palazzo Medici Riccardi, che fanno venire in mente epopee post industriali, un
po’ da dopo bomba, per approdare a tante immagini che testimoniano le immaginifiche
sculture di ferro e di fuoco di Buggiani.
In totale la mostra propone 30 pezzi di Paolo Buggiani che testimoniano i suoi vari progetti a New York, un documento unico per attraversare simbolicamente la città e tracciare la mappa di azioni
e opere ormai estinte. Sul finire degli anni Settanta la metropoli Usa era in
grande fermento culturale e controculturale, dall’underground emergevano
nuovi fenomeni generazionali, come il graffitismo, il rap, lo skateboarding e la break dance, cioè i
primi tentativi (in ordine sparso) di quella che sarebbe diventata la cultura
hip hop. Paolo
Buggiani non è certo un rapper, ma le sue provocazioni artistiche e politiche si sono
sempre fatte notare. Eccome. Basti pensare alla performance in cui il provocatorio artista toscano
indossava una speciale tuta e si muoveva con pattini a rotelle, pilotando una
vela di fuoco, tracciando nei viali di New York e nella storia dell’arte più
suggestiva e underground energetiche piroette di fuoco.
Paolo Buggiani e i suoi compagni di avventure (tra i quali c’era Keith Haring) usavano la Grande Mela
come un museo a cielo aperto, tutto da inventare, Uno spazio metropolitano che
veniva movimentato da azioni performative ed opere che, creando scalpore (e
quindi scalfendo il muro delle convenzioni) esaltavano la bellezza spontanea di questa prima stagione della
street art, ma hanno contribuito a movimentare anche di momenti più
recenti dell’arte metropolitana. Per rendere ancora meglio l’idea
del fermento sotterraneo nella New York degli anni ’70, a Palazzo Medici
Riccardi sono in mostra, oltre ad opere di Keith Haring e Paolo Buggiani, anche
alcuni lavori di alcuni compagni di strada dei due: da Richard Hambleton
a Ken Hiratsuka, da Jenny Holzer a Barbara Kruger, da Les Levine a David Salle e una selezione di poster originali, fotografie e documenti video di questo tipo di arte.
Voto
8
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